SALENTO- Al netto dell’ultima bufera della scorsa settimana, sono 21 gli eventi estremi che si sono registrati negli ultimi sette anni nelle tre province salentine: è l’impietosa mappa del clima già cambiato redatta da Legambiente e presentata nelle scorse ore dal relativo Osservatorio sui mutamenti climatici.
Innalzamenti elevati di temperatura, come è successo a Bari, ma anche l’allarme su Taranto: è tra le 40 aree urbane costiere a maggior rischio in Italia, secondo le elaborazioni di Enea, cioè tra quelle che rischiano di subire rilevanti danni e di scomparire con l’innalzamento del livello dei mari, al pari di Venezia, Ravenna, Trieste.
“Le città sono l’ambito più a rischio per le conseguenze dei cambiamenti climatici – spiegano da Legambiente – perché è lì che vive la maggior parte della popolazione e perché episodi di piogge, trombe d’aria ed ondate di calore vi hanno ormai assunto proporzioni crescenti e destinate ad aumentare, insieme alle stime dei danni che possono provocare”.
L’esatta conoscenza delle zone urbane a maggior rischio sia rispetto alle piogge che alle ondate di calore diventa uno strumento fondamentale per salvare vite umane e limitare i danni, per pianificare e ottimizzare gli interventi durante le emergenze.
Nel Salento ci sono i danni da siccità con temperature estreme a Brindisi, come quelle del settembre 2013, ciò che ha fatto perdere almeno il 60 per cento del raccolto in uliveti e frutteti. Nel mese successivo in quello stesso anno, a Ginosa, si è registrata la più grande alluvione degli ultimi 50 anni (8 ottobre 2013), con due vittime e due dispersi, travolti dall’esondazione dei fiumi Lato e Bradano.
Ci sono poi i danni al patrimonio storico da piogge intense, come è successo a Taranto il 6 novembre di un anno fa con il crollo di una parte dell’antico acquedotto del Triglio. Tante le trombe d’aria registrate e il vero e proprio tornado del 26 novembre di un anno fa a Tricase e nel sud Salento. Ci sono poi gli allagamenti da piogge intense a Copertino e San Foca del 13 luglio scorso o la tromba d’aria a Ginosa di tre giorni prima.
Non singoli episodi, dunque, ma una sequela di eventi che restituisce l’urgenza di invertire la rotta: i cambiamenti climatici non sono qualcosa che verrà, ma che è già in corso.