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Covid, la realtà dei numeri nel Salento. Così si affronterà la fase 2

SALENTO- Nel Dipartimento di Prevenzione Asl, il cervello che elabora i dati che restituiscono la dimensione dell’epidemia da Covid nel Leccese, si è a lavoro senza sosta. I centralini ricevono le chiamate che smistano i dati a chi è in ufficio e chi in smart working da casa; i numeri si ricontrollano su computer e fogli cartacei e poi vengono rielaborati per partorire mappe e istogrammi. Ed è da quei numeri che emerge la fotografia di quanto sta accadendo sul territorio. L’analisi dei dati delle prime due settimane di aprile ci dice che nel Salento si stanno finalmente raccogliendo i frutti del distanziamento sociale che è stato la regola per tutti.

La lettura dei bollettini della Protezione civile documenta che tra il 1° e il 14 aprile in Puglia si sono registrati meno ricoveri, passati da 637 a 611, con un alleggerimento significativo delle terapie intensive, dove i posti occupati sono scesi da 107 a 62. Incrementate di oltre 800 unità le persone in isolamento domiciliare e sono aumentati a ritmo più incalzante i guariti rispetto ai deceduti.

 

“La riduzione dei contagi è significativa  – dice il direttore generale della Asl di Lecce, Rodolfo Rollo – e questo significa anche che gli accessi al pronto soccorso si stanno riducendo e conseguentemente anche quelli nelle rianimazioni e reparti Covid. Ma non dobbiamo abbassare la guardia”. Non è, infatti, scomparso il virus – si precisa – ma si è attenuata la sua diffusione e se tornerà a crescere dovremo essere pronti.

Nel Salento, in particolare, il confronto tra i numeri dei bollettini dell’1 e del 14 aprile rimarca che c’è stata una impennata importante nel Brindisino, con +212 casi in pochi giorni soprattutto a causa dei focolai in case di riposo, a fronte di +104 nel Leccese e +78 nel Tarantino, che resta la provincia meno flagellata della Puglia. Si inizia a intravedere la luce, insomma, ma la fase 2 comporterà che bisognerà convivere con il Coronavirus ma anche con l’idea di poter avere a che fare con altre pandemie. Anche per questo “è necessario ripensare la rete ospedaliera e dei servizi – aggiunge Rollo – per rendere stabili alcune aree terapeutiche. Dovremmo fare come fa l’esercito, avere i carri armati non per difendersi domani mattina ma per difendersi da eventuali attacchi”.

Potenziare e razionalizzare il comparto sanitario sarà cruciale. E sono sempre i numeri a dirlo: “Abbiamo 52-53 operatori sanitari che in questi 60 giorni hanno contratto la positività. Di questi – spiega Rollo – in linea con le statistiche, il 50 per cento ha avuto bisogno di trattamenti medici significativi dentro o fuori l’ospedale. Ma fortunatamente non si registrano decessi”. Si sta apprendendo sul campo ciò che i libri non hanno insegnato.

I decessi, per quanto prevedibili, restano cospicui: nel Leccese, se ne sono registrati 52 come confermato dal Dipartimento di prevenzione Asl. Ma la Puglia, con i suoi 278 deceduti, è la prima regione del Sud per lutti, davanti alla Campania che ne conta 260 a fronte però di 600 positivi in più. E’ stata finora  strage di anziani: in due settimane, si è passati da 23 a 44 novantenni deceduti,  da 43 a 97 ottantenni, da 31 a 71 settantenni che non ce l’anno fatta. Ma anche da 20 a 43 sessantenni, da 5 a 12 cinquantenni, da 4 a 6 quarantenni, da 3 a 5 trentenni.

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