LECCE – Con una delibera di giunta dell’aprile scorso la Regione ha introdotto incrementi delle tariffe da pagare per il materiale estratto dalle cave che oscillano tra il 562% e il 1600% in più rispetto al passato. Il Tar Bari, però, stoppa tutto, dando ragione alle aziende che hanno fatto ricorso.
Nei primi giorni di maggio, inoltre, la Regione Puglia ha “intimato” alle aziende di provvedere al pagamento entro la fine del mese, annunciando pesanti sanzioni in caso di ritardi.
Contro questa decisione sono insorte oltre quaranta aziende titolari di cave situate nella Provincia di Lecce che, affiancate da Confindustria Lecce, hanno fatto fronte comune contro la decisione regionale, intraprendendo un’iniziativa giudiziaria.
Le aziende -assistite dagli Avv.ti Valentina Mele e Oronzo Marco Calsolaro – hanno così presentato ricorso al Tar Bari e hanno chiesto che in via cautelare fosse bloccato l’incremento tariffario disposto dalla Regione “unilateralmente, senza alcun effettivo dialogo e confronto con le Associazioni di categoria e soprattutto -sprecisano ancora i legali- senza considerare le gravissime conseguenze di quella decisione per l’intero mondo estrattivo, già duramente provato da una profonda crisi, con un vistoso calo rispetto al passato del numero di imprese operanti e della forza lavoro impiegata”.
Analoga iniziativa è stata intrapresa da alcune aziende del foggiano e del barese.
Accogliendo pienamente le richieste formulate dai legali delle aziende, la Terza Sezione del Tar di Bari, Presieduta da Francesco Gaudieri, ha bloccato quegli incrementi tariffari, con “invito alle parti contrapposte alla riapertura del Tavolo tecnico, interrotto dall’Amministrazione, al fine di rivalutare gli elementi utilizzati dalla stessa ed esplorare l’esistenza di ulteriori, adeguati e congrui parametri per la determinazione della tariffa regionale”.