Cronaca

Truffa e patrocinio infedele, chiuse indagini per D’Agata.

LECCE- Infedele patrocinio, truffa aggravata continuata, autoriciclaggio, falso in atto pubblico. Queste le accuse contestate, a vario titolo, ai 4 avvocati coinvolti nell’indagine che il 12 ottobre scorso portò all’arresto, su disposizione del gip Cinzia Vergine, di Francesco d’Agata, 39 anni, legale per lo sportello dei diritti, e del suo collega Graziano Garrisi, 38 anni, che finì ai domiciliari.
Gli uomini della sezione di polizia giudiziaria delle fiamme gialle di lecce agli ordini del colonnello Francesco Mazzotta hanno chiuso le indagini e gli avvisi sono stati notificati in queste ore.

La vicenda è nota. D’Agata, secondo gli inquirenti, avrebbe trattenuto per sĂ© soldi che spettavano, invece, ad una sua assistita, una 34enne senegalese domiciliata a s. cesario falsificando una copia della sentenza del Tribunale civile di Trieste che riconosceva alla donna, vittima di un incidente stradale gravissimo, una cospicua somma di denaro come risarcimento: 636 mila euro transitati dal fondo vittime della strada tramite l’agenzia di assicurazione Allianz.

Secondo le indagini, coordinate dal pm Massimiliano Carducci, alla donna D’Agata ha trasferito solo 353mila euro in totale, “trattenendo per sĂ© – come scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – la restante parte di 283mila euro, di cui 160mila euro giĂ  incassati e gli altri non ancora in quanto operazione “bloccata in extremis””, una volta stoppato il conto.

La truffa sarebbe avvenuta “approfittando delle condizioni personali, di disagio culturale e sociale della vittima. Durante le perquisizioni sono stati Sequestrati documenti e conti correnti: un totale di 203mila euro per D’Agata, e 15.500 euro per Garrisi, corrispondenti ai soldi che avrebbe speso utilizzando indebitamente la carta prepagata rilasciata alla signora senegalese, tra febbraio 2014 e dicembre 2015, prelievi bancomat fatti opportunamente “incappucciato”, come emerge da materiali in possesso degli investigatori. I legali l’avrebbero costretta infatti ad accendere dei conti correnti a proprio nome formalmente intestati a lei ma sostanzialmente gestiti da loro, conti sui quali avevano fatto confluire le somme del risarcimento dalle quali i due indagati prelevavano continuamente. Denaro usato per scopi personali: spesa presso centri commerciali, ristoranti, centri balneari, distributori di carburante, agenzie di viaggio per soggiorni in Italia e all’estero.

La vicenda è venuta alla luce nel corso di un’altra indagine seguita sempre dagli uomini del colonnello Francesco Mazzotta dopo la denuncia di una donna di torino che si era rivolta a D’Agata per un ricorso in Cassazione relativo a un caso di presunto mobbing. Ricorso mai presentato, nonostante l’assistita avesse versato 4 mila euro di anticipo ai legali. Denaro che era finito su un conto corrente indicatole da d’agata, quello risultato poi intestato alla senegalese.

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