OTRANTO – Un progetto come quello del Twiga, in contrada Cerra a Otranto, non avrebbe mai dovuto incassare il placet di nessuna delle istituzioni chiamate in causa. E invece così non è stato: le autorizzazioni del Comune – definite dagli inquirenti pilotate, così come i sopralluoghi tecnici – gli hanno spianato la strada, sfociando in tre condanne, la confisca dello stabilimento e dando il là ad un’altra inchiesta, culminata nella maxi operazione Hydruntiade dei giorni scorsi.
I retroscena del caso Twiga – a monte delle condanne inflitte in primo grado al sindaco Cariddi, l’imprenditore Raffaele De Santis e l’allora ingegnere comunale Maggiulli – sono dettagliatamente elencati nelle motivazioni della sentenza, depositata nelle scorse ore dal giudice Pietro Baffa.
In 106 pagine sono ricostruiti i passaggi focali del processo sui presunti abusi edilizi, partendo dalle testimonianze chiave e le consulenze tecniche. Poi le conclusioni.
In quella “zona censita come agricola e sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale – sentenzia la corte – i permessi rilasciati sono macroscopicamente illegittimi (…) e adottati nell’ottica di assentire a quella realizzazione“. “Un intervento -Si legge ancora – del tutto avulso, esondante ed eccentico rispetto alla mera finalità di chiosco bar a ridosso di un percorso di accesso al mare“. Tradotto: quel maxi stabilimento lussuoso era molto lontano da ciò che poteva essere approvato in una porzione di costa fortemente a rischio erosione e, per giunta, dove era vietata la balneazione, come confermato da Soprintendenza e Capitaneria. Quest’ultima – si precisa nella sentenza – vittima anche di pressioni e di una diffida da parte del Comune di Otranto.
Si parla poi di “impatto ambientale altamente negativo, con alterazione della morfologia dei luoghi” tramite lo sbancamento del terreno, l’innesto di strutture in cemento tutt’altro che amovibili, per garantire cene al ristorante, bagni in piscina e anche serate danzanti.
Per ciò che riguarda i reati contestati al sindaco Cariddi e all’allora ingegnere comunale Maggiulli (a capo dell’Ufficio Tecnico), il giudice parla di “alterazione e mistificazione della realtà” tramite permessi a costruire illegittimi, “manipolando dolosamente la realtà fattuale“. Il tutto per “procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale alla società Cerra srl di Raffaele De Santis“, ritenuto dagli inquirenti privato corruttore.
Al margine della lettura della sentenza, i legali dei tre imputati – gli avvocati Adriano Tolomeo, Gianluca D’Oria, Antonio De Mauro, Andrea Sticchi Damiani e Antonio Quinto – valuterrano il ricorso in Appello.
E.FIO