Scambio di favori politica-imprenditoria: arrestati sindaco di Otranto e presidente Federalberghi Lecce

scrittore

OTRANTO – Tutto è partito da un’indagine sulla condotta amministrativa del Comune di Otranto avviata nel 2017, anno in cui è stato sequestrato lo stabilimento balneare “Twiga”.

Le risultanze investigative avrebbero messo in luce un modus operandi incentrato sull’arricchimento personale e il consenso elettorale, tramite una gestione personalistica del potere, sia a livello locale che regionale.

Ebbene quelle indagini dei militari del nucleo investigativo del comando provinciale di Lecce, coadiuvati successivamente dai finanzieri di Otranto, confluiscono adesso in dieci arresti, due in carcere e 8 ai domiciliari. In tutto ci sono 60 indagati, tra amministratori, funzionari pubblici, imprenditori e liberi professionisti.

Tra gli arrestati ci sono nomi di spicco: per il sindaco di Otranto Pierpaolo Cariddi e il suo predecessore nonché fratello Luciano è scatatta la custodia cautelare in carcere; per l’imprenditore e presidente di Federalberghi Lecce, Mimmo De Santis, disposti invece i domiciliari.

Sia il sindaco che De Santis, nel processo Twiga, sono stati recentemente condannati in primo grado. Cariddi, inoltre, era sospeso dall’incarico con divieto di dimora nel suo Comune, dacché implicato anche nell’indagine «Re Artù» su scambi di favori tra politica, sanità e imprenditoria.

Per il presunto intreccio tra affari e politica finiscono ai domiciliari anche l’ex responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Otranto Emanuele Maggiulli (anche lui coinvolto nei processi Twiga e “Re Artù”); l’istruttore tecnico comunale Roberto Aloisio; l’ex responsabile dell’ufficio paesaggistico Giuseppe Tondo; il progettista ritenuto prestanome di Luciano Cariddi, Marco Maggio. E ancora: gli imprenditori idruntini Salvatore Giannetta, Roberto De Santis e Luigi Bleve.

Per i 60 indagati complessivi i provvedimenti spaziano dagli avvisi di garanzia fino a misure restrittive della libertà personale.

Le dinamiche attenzionate durante le indagini avrebbero messo in luce, in sintesi, “un consolidato sistema associativo di natura corruttiva politico – imprenditoriale” riferiscono gli inquirenti. Sistema che “da tempo – aggiungono – avrebbe pervaso l’amministrazione comunale di Otranto, coinvolgendone amministratori e funzionari “troppo vicini” ad alcuni imprenditori con interessi economici in quel centro, coltivati attraverso aggiudicazioni di appalti artefatte e rilasci di concessioni comunali. Il tutto – continuano – offrendo utilità di diversa natura, finanche ad assicurare un “bacino di voti” per il sostegno elettorale ricevuto da alcuni degli indagati, nonché vantaggi economico – patrimoniali per i restanti“.

Sotto quest’ultimo fronte, significativo è il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di strutture turistico-ricettive , stabilimenti balneari (si pensi al Twiga e al Dolce Riva appunto), aziende agrituristiche, diversi immobili e corpose somme di denaro, per un valore stimato di diversi milioni di euro. L’ipotesi accusatoria è di autorizzazioni illecite e violazione delle norme in materia edilizia e paesaggistica, anche al margine degli accertamenti condotti dalla Polizia Provinciale.

Per questo gli arrestati rispondono a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al compimento di plurimi delitti contro la pubblica amministrazione, corruzione elettorale, frode in processo penale, depistaggio, turbata libertà degli incanti e truffa ai danni dello Stato e dell’Unione Europea.

ERICA FIORE

 

 

 

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