Cronaca

Il clan “perde” i capi, ma non la fedeltà degli affiliati: arrestati in 38 a Taranto. 20 indagati

TARANTO – Lo scopo «era rafforzare l’egemonia dell’associazione mafiosa sul territorio», quella del clan Pascali, già radicato nel quartiere Paolo VI alla periferia di Taranto. Tradotto: gli affiliati avrebbero tenuto alto l’onore dei due fondatori del sodalizio, i fratelli Nicola e Giuseppe Pascali, ormai detenuti in carcere con condanna definitiva.

È quanto emerge dall’ordinanza firmata dal gip Marcello Rizzo, che all’alba ha dato luogo a 38 arresti eseguiti dalla Squadra Mobile tarantina (28 pregiudicati in carcere e 10 ai domiciliari). Altri 20 gli indagati.

La lista dei reati contestati è lunga. Va dall’associazione mafiosa alle estorsioni, porto abusivo di armi e spaccio di droga.

Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, hanno scandagliato le ramificazioni della criminalità organizzata nel capoluogo ionico. L’evoluzione del metodo mafioso degli arrestati – si legge sull’ordinanza – porta alla luce una situazione «di intimidazione silente e simbiotica, avvalendosi sempre e comunque della già esistente ed acclarata forza di intimidazione, derivante dal vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento ed omertà».

Ordini e direttive continuavano ad essere impartiti dal carcere, tramite le donne del clan, in particolare le mogli dei due fratelli in cella. Avrebbro assunto loro il ruolo di “reggenti” e “supervisori” il libertà di tutte le attività illecite commissionate dai mariti. Anche la guerra ai clan avversari sarebbe andata avanti regolarmente.

Oltre alle sostanze stupefacenti e le armi, sono state sequestrate anche numerose lettere contenenti gli ordini impartiti da dietro le sbarre.

Attività principale: l’estorsione. Tra le vittime soprattutto titolari di esercizi commerciali per la vendita di automobili, bar, pizzerie, ortofrutta, imprenditori nel settore delle bevande, nel settore dei mitili, titolari di imprese di pulizie, gestori di piazze di spaccio.

Tra i capi d’accusa anche alcuni agguati per i quali è contestato il tentato omicidio. Tra questi la sparatoria in centro città del 31 ottobre 2018, messa a segno per futili motivi: l’uomo contro il quale è stato aperto il fuoco era colpevole di aver chiesto l’amicizia sui social alla moglie di uno degli indagati.

Anche la sparatoria che nelle scorse si è consumata nel quartiere Paolo VI di Taranto sarebbe riconducibile ad un regolamento di conti tra le bande finite sotto scacco nell’operazione della Polizia.

C’è poi una chicca, che pure ha influito nelle indagini, a conferma della lotta all’egemonia del clan. Alcuni degli arrestati sono protagonisti del videoclip di una canzone neomelodica dal titolo “Sì frate a me” del 2018, considerato dagli inquirenti “un modo per autocelebrare la propria forza nelle attività illecite”. L’autrice ed interprete del brano non risulta in alcun modo coinvolta nelle indagini.

E.FIO

GLI ARRESTATI:

In carcere per l’operazione odierna Luigi Agrosi’, Giovanni Albertini, Antonella Bevilacqua, Agostino Bisignano, Antonio Bleve, Cosimo Damiano Caforio, Emanuele Capuano, Christian Chiafele, Leonardo Durelli, Mirko Guarino, Domenico Iacca, Lucky La Gioia, Salvatore Labriola, Simone Loperfido, Antonio Maiorino, Giuseppe Pascali, Luca Pascali, Nicola Pascali, Giuseppe Petrelli, Giuseppe Portacci, Eufrasia Quero, Vito Onofrio Salerno, Francesco Sangermano, Massimo Sedete, Patrizio Sedete, Pietro Spezio, Francesco Tambone, Ezio Verardi. Beneficio dei domiciliari con braccialetto elettronico, invece per Salvatore Auletta, Pietro Francesco Brescia, Gianluca Ciccolella, Francesco Cosmai, Antonio Greco, Benito Marangiolo, Giuseppe Palumbo, Francesco Presta, Francesco Tortella, Amedeo Zonile.

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