Ambiente

Cerano, altro che chiusura: Enel vuole convertirla a gas. Al via le procedure

BRINDISI- L’uscita del Salento dal carbone non passa dalla chiusura di Cerano, fissata per la fine del 2025, ma per la sua riconversione a metano. La macchina si mette in moto: due giorni fa, la Prefettura di Brindisi ha concesso a Snam il diritto di accesso ai fondi per i sopralluoghi in vista dei progetti di trasformazione della centrale Federico II ma anche della A2A, a Costa Morena, entrambi pendenti dinanzi al comitato tecnico ministeriale per la Valutazione di impatto ambientale. Quei sopralluoghi serviranno, infatti, a delineare i percorsi delle bretelle di collegamento tra i due poli e la rete nazionale del gas, la stessa alla quale si allaccerà il gasdotto Tap, che, dopo un serpentone di 55 chilometri in fase di costruzione, connetterà il gasdotto di San Foca allo snodo Brindisi.

È anche alla luce di tutto ciò che la gestione della partita gas nel Salento risulta contraddittoria, avendo i vari governi optato per l’approdo di Melendugno e per far sostenere a Snam, con costi pubblici, la realizzazione del metanodotto che attraversa mezza provincia di Lecce e di Brindisi.

I l progetto di Enel prevede dunque la sostituzione delle unità a carbone con nuove a gas. “ Ricordiamo che proprio il 9 luglio – lamentano dal comitato No Tap Brindisi – il Comune di Brindisi aveva chiesto la valutazione di impatto sanitario per il progetto gas di ENEL Cerano e bocciò senza mezzi termini il progetto di A2A”, così come ha fatto anche la rete delle associazioni ambientaliste. Che torna a incalzare: “La centrale A2A di Brindisi era ferma dal 2012 e Cerano doveva essere chiusa nel 2025, invece ecco il nuovo business del gas: non per produrre nuova energia, dicono, ma ‘per stabilizzare i picchi di consumo della rete elettrica non copribili dalle fonti rinnovabili’, il cosiddetto capacity market… intanto le due società chiedono la produzione di energia per 24 ore su 24 e non solo per i periodi di picco”. E si ricorda che su territorio “sussistono già 11 impianti ad elevato rischio ambientale e che c’è già un allacciamento da 20 pollici tra contrada Masseria Matagiola e zona petrolchimico che serve la centrale a turbogas di EniPower già in funzione all’interno dell’area Eni”.

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