Cronaca

Dopo il sequestro, i De Lorenzis rompono il silenzio: “accanimento, si sta distruggendo azienda sana”

RACALE- Dopo l’ennesimo sequestro, un esponente della famiglia De Lorenzis di Racale ha deciso di rompere il silenzio. Lo fa Pasquale, parlando a Telerama e pubblicando un lungo post su Fb, uno “sfogo” condiviso da centinaia di persone.

“Parlo – dice alla nostra emittente – perché sono veramente stanco e sfiduciato; perché vedo morire i frutti di un’azienda costruita con sacrificio mio e dei miei collaboratori; perché si tratta di un’azienda che dai dati AAMS 2013 è risultata la terza a livello nazionale, stimata e considerata dai maggiori concessionari statali; perché vedersi etichettato come mafioso significa lasciare un’eredità infamante ai propri figli; perché in realtà nessuna apparecchiatura illecita sequestrata può essere ricondotta alla mia ex azienda e comunque il numero di quelle sequestrate corrisponderebbe a sole 6, pari allo 0,00142 per cento del parco macchine; perché sarei stato un idiota a compromettere i decennali rapporti con i più importanti concessionari statali mettendo in commercio macchine irregolari. Spontaneamente ho fornito alla magistratura i dati di oltre mille clienti che ben avrebbero potuto riferire sull’esistenza di eventuali metodi mafiosi; perché non vi è neanche una denuncia o dichiarazione in tal senso e tutta l’indagine si basa sull’errata interpretazione di una dichiarazione scherzosa di un barista ad un finanziere, che ha dato origine a tutta l’inchiesta, senza tenere conto che chi parlava era un mio ex compagno di scuola”.

Sotto chiave sono finiti beni per 15 milioni di euro, ritenuti dalle Fiamme Gialle riconducibili ai 4 fratelli e a quello che è stato definito un prestanome. Un sequestro anticipatorio, parallelo a quello seguito all’operazione Clean Game in cui venne loro contestata l’associazione mafiosa, accusa caduta dinanzi al Tribunale del Riesame e in Cassazione, in fase cautelare, ma poi riproposta dal pm nella richiesta di rinvio a giudizio e accolta dal gip: il processo si aprirà a luglio. E Pasquale De Lorenzis parla di accanimento contro di lui e di pregiudizio verso il settore del gioco. Si fa riferimento a vicende a me estranee – aggiunge – e questo anche nei giudizi che pendono nei miei confronti, giudizi nei quali sicuramente non vi è nessun passo in cui si possa dedurre atteggiamenti da mafioso o da socialmente pericoloso. Nel tipo di attività espletata, poi, è più facile parlare di illegalità e non di lavoro”.

Le intercettazioni e le rivelazioni che testimonierebbero la presunta contiguità con clan mafiosi riguardano soprattutto Salvatore de Lorenzis. E su questo gli altri fratelli rivendicano la necessità di fare dei distinguo: “Io personalmente – spiega Pasquale De Lorenzis – con mio fratello non parlo da oltre dieci anni. La M.SLOT s.r.l. ha preferito nel tempo avere rapporti commerciali con altre aziende e non con lui e di questo la Guardia di Finanza che ha proceduto alle indagini potrebbe darne contezza. Credo di avere il diritto di essere giudicato per il mio modo di vivere. I rapporti familiari ed affettivi non possono portare ad una omogeneizzazone delle persone ancor più in ambito giudiziario dove la responsabilità è personale. Per il resto non rinnego i sentimenti ma chi mi conosce sa che ho uno stile di vita diverso da quello di mio fratello”. 

Qualche giorno prima del sequestro, il Trust Pasama, che attualmente detiene le quote della società M.Slot e di cui i fratelli Pasquale e Saverio sono beneficiari, ha depositato richiesta per tornare sotto la guida di commissari giudiziari, misura che dovrebbe configurarsi più stringente rispetto a quella attivata con l’interdittiva antimafia, con due commissari prefettizi, sui quali il giudizio degli imprenditori pare essere negativo. “Io posso solo dire- conclude Pasquale De Lorenzis – che dagli atti di causa depositati davanzi al Tar di Lecce, da me e mio fratello quali oggi beneficiari del Trust e da una denuncia sporta all’Anac da mia sorella, versavano in situazioni di incompatibilità. In particolare, uno per aver sottoscritto l’informativa prefettizia, a base dell’inchiesta, e l’altro per essere parente di un alto funzionario della Prefettura di Lecce. Inoltre, diversi dipendenti mi risulta abbiano denunciato situazioni a dir poco raccapriccianti, come il fatto che un commissario sia venuto in azienda con una pistola e l’abbia dimenticata nel bagno in cui hanno accesso i lavoratori. Purtroppo tutto quanto denunciato anche all’Anac l’11 agosto 2017 giace nel cassetto”.

 

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