LECCE- Un anno fa le basi dei partiti del fu Pdl, Forza Italia e fittiani, volevano l’accordo per vincere le regionali contro Emiliano ma i vertici erano armati e felici della guerra. Oggi, a meno di un anno dalla prossima tornata elettorale del 2017 , si invertono le posizioni. Tra dieci mesi si sarà già eletto il successore di Perrone ma le fughe in avanti di alcuni esponenti dei conservatori e riformisti ed il nuovo che avanza tra i berlusconiani inducono i vertici, sino a qualche settimana fa in contrasto, a cercare soluzioni condivise pur se i partiti risultano divisi e dilaniati. Da una parte il tentativo di Mazzotta e dall’altra quello di Gabellone.
Il primo con la sola sintonia di chi come lui , solo un anno e mezzo fa , era esponente del partito di Alfano prima di entrare in Forza Italia ma non con l’avallo di tutti i movimenti federati con i berlusconiani a partire da quello della Poli sino a giungere all’intero gruppo dirigente da Pagliaro, dell’Ufficio di presidenza nazionale e dell’esecutivo di Puglia, passando per la vice coordinatrice regionale, De Benedetto, e del vice provinciale Nitto senza escludere Sindaci, assessori e consiglieri comunali di tutta la Provincia e personalità nuove, come da imput berlusconiano, della società civile di Lecce e dell’intero Salento.
L’altro, Gabellone, con la guerra fratricida tra Monosi-Messuti-Marti e tra poco anche ufficialmente Congedo. Per la Poli è da censurare tutta l’attività amministrativa di Perrone, come dire: alcuno degli uscenti può ambire a qualcosa di così rilevante come la poltrona da Sindaco ma , la stessa, non si sottrae anche alla soddisfazione che, qualcun altro, potrebbe ancor pensare a lei e ad un suo ritorno in sella a Palazzo Carafa.
Dall’altra l’indignazione dei forzisti leccesi che le sorti del capoluogo possano esser decise da due, o tre , neanche residenti a Lecce oltre che dalle varie maglie già indossate. Tra i fittiani una ipotesi di tavolo in comune potrebbe spegnere le ambizioni degli auto candidati pur se i Cor, sapientemente, hanno dato il loro avallo al primo comitato per il No del centrodestra che ha avuto la forza, in realtà , di far sedere interno al tavolo referendario non solo le sigle dei vari partiti ma anche e principalmente ogni movimento di area pronto alla riunificazione passando per il nuovo da costruire senza nostalgie di vecchie facce.