TARANTO/LECCE – Il giro d’affari a strozzo sgominato nelle scorse ore dalla Guardia di Finanza con sette arresti nel Tarantino, chiama in causa anche imprenditori delle provincia di Lecce. Ci sono coloro che all’affare avrebbero partecipato attivamente, collaborando al riciclaggio e al trasferimento dei proventi dell’attività illecita, e ci sono quelli che, invece, in un periodo particolarmente difficile si sarebbero rivolti agli attuali indagati, chiedendo prestiti di denaro, salvo poi essere risucchiati dalla spirale dei debiti. I tassi usurari, del resto, erano altissimi, fino al 354%.
È ciò che è accaduto ad un imprenditore con attività sparse tra il Capo di Leuca e l’hinterland di Santa Cesarea Terme. L’uomo nel 2019, attraversando un momento di difficoltà, avrebbe chiesto un prestito pari a 18mila euro. Secondo l’accordo con i suoi creditori, avrebbe dovuto restituire duemila euro alla settimana, gravato da un interesse annuo pari al 110%. A suon di minacce all’uomo sarebbero stati estorti 28mila euro complessivi, arrecando all’imprenditore un grave danno patrimoniale.
Questo per ciò che riguarda le vittime. Sempre nel Capo di Leuca e nell’hinterland di Tricase ci sono invece due indagati, nelle vesti di amministratore di fatto e di diritto di una s.r.l accusata di aver riciclato il denaro proveniente dai prestiti usurai.
Risiedeva a Lecce anche l’ex sindaco di Roccaforzata, Roberto Iacca. Associazione a delinquere finalizzata all’usura e all’estorsione sono alcune delle accuse mosse nei suoi confronti dal pubblico ministero Francesco Ciardo che ha coordinato l’inchiesta.
L’attività di usura sarebbe stata accompagnata da operazioni in odor di riciclaggio e autoriciclaggio, tramite l’emissione di fatture per prestazioni inesistenti e rapporti commerciali di comodo. Cruciale anche il ruolo dei prestanome impegnati nel “camuffare” gli spostamenti di denaro derivante dallo strozzinaggio.
