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Corvino spiega: “Troppi stranieri? Non si tratta di un gioco come pensa qualcuno”

LECCE – Pantaleo Corvino è un fiume in piena di parole, emozioni e voglia di fare chiarezza sulla bontà del suo calciomercato in entrata. Il direttore dell’area tecnica del Lecce, a margine della presentazione dello svedese Helgason, fa un ampio punto sul perchè dell’acquisto di tanti stranieri per la rosa di mister Marco Baroni e sottolinea ancora una volta l’importanza di un mercato virtuoso e frutto di buone idee, visto il periodo storico che sta vivendo anche il patinato mondo del calcio. E, poi, ci tiene a precisare con forza che i tesserati stranieri nella squadra giallorossa sono stati presenti, e numerosi, anche in passato:

“Dico che su cinque giocatori sono arrivati due italiani e ovviamente quando uno compra calciatori che non sono italiani lo fa perché deve tenere conto di alcune considerazioni. Siamo tornati in A, partendo dalla C, e dalla serie A abbiamo ereditato solo tre calciatori. Tutti gli altri erano prestiti. Questi tre calciatori sono stati Gabriel e calciatori che sono costati tre milioni, Benzar e Vera. E sono tutti stranieri. Riguardo agli stranieri avrei bisogno di dire qualcosa anch’io, perché sento dei rumors da parte di qualcuno. Il Lecce è partito con un patrimonio scarso. La Primavera ora è tornata in A1 e faremo di tutto per mantenere la categoria. Dobbiamo far sì che questo territorio rimanga nel grande calcio anche a livello di settore giovanile. Con la prima squadra siamo partiti con uno scarso patrimonio. Ora questa proprietà non mi dà la possibilità di comprare giocatori a un milione e mezzo come è stato in passato. Lo scorso anno ho speso un milione e mezzo in totale per la prima squadra. In questa società non c’era patrimonio tecnico ed economico. Con le risorse della serie B patrimonializzare un club non è facile ma ci stiamo riuscendo. Patrimonializzare il club prendendo italiani è la cosa più facile, perchè c’è un grosso problema però. Per prendere calciatori italiani ci vogliono risorse, altrimenti bisogna lavorare per gli altri prendendoli in prestito. Per me sarebbe il gioco più facile. Quando arrivo fino alle terre dei vulcani per trovare risorse tecniche per questa società non lo faccio per un gioco esotico. Per me è un grande impegno, figlio di mesi e anni di lavoro e conoscenze. Io ho una visione globale, virtuosa e creativa. Per prendere giocatori così, per rischiare in questo modo al fine di patrimonializzare, ci vuole virtuosismo. Qui qualcuno pensa che io mi diverta. Io voglio che il mio club non lavori per gli altri, ma diventi patrimonio. Farò degli errori? Ci sta farli, quando si prendono calciatori a certe cifre. Ma nessuno può dirmi che sono uno che non guarda in Italia”.

Poi, l’ex viola entra nel dettaglio: “Negli ultimi europei nella nazionale italiana campion d’Europa c’erano tre giocatori che vengono dal settore giovanile in cui ho lavorato io. Parlo di Castrovilli, Bernardeschi e Chiesa. Io non faccio il gioco del pinguino, io sfrutto le mie competenze e capacità per il bene del Lecce. Il Lecce ha un dovere, deve fare crescere le proprie potenzialità a casa sua. Anche se le potenzialità sono lontane dobbiamo avere le capacità di andarle scoprire. In questi anni, dal 2016, ci sono stati tanti stranieri a Lecce: Costa Ferreira, Gomis, Tsonev, Vutov, Dubickas, Megelaitis, Selasi, Dumancic E Haye. Sono tutti tesserati del Lecce e non italiani. Tesserati del Lecce, quando Corvino non c’era. Ecco, parlo ANCHE di Babacar, Imbula, Farias, Barak, Benzar, Paz, Shakhov, e Vera. Questi sono giocatori non italiani che sono stati presi dal Lecce. Qualcuno, però, rimpiange il passato, dicendo che prima si faceva calcio con gli italiani…”.

C. Tommasi

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