Sanità

Scelta vaccini, la riflessione del Dottor Minelli: no a generalizzazioni, si valuti caso per caso

Vaccino AstraZeneca a rischio per i giovani.
Quando la vaccinazione non è solo una questione quantitativa.

Ho sempre creduto – e noi della Fondazione per la Medicina Personalizzata ne abbiamo fatto elemento cardine delle nostre attività – nell’indispensabile principio di procedere, anche nelle dinamiche della vaccinazione, secondo logiche il più possibile “di precisione”. Come dire che la vaccinazione non può essere la mera esecuzione di una “punturina” dopo aver affidato al vaccinando il compito di compilare un questionario. La vaccinazione non è solo questione sommariamente quantitativa (del tipo “più ne facciamo e meglio stiamo”), tanto più a fronte di alert più volte ribaditi, come nel caso dei vaccini a vettore virale (AstraZeneca o Johnson & Johnson), e più volte sottostimati, quando non del tutto ignorati.

La corretta interpretazione del concetto “rischio-beneficio” passa attraverso conoscenze ed accertamenti utili ad evitare tossicità che, magari, derivino dalla sommatoria di effetti collaterali in pazienti costretti ad assumere più farmaci; oppure utili a definire l’opportunità o meno di somministrare un farmaco sulla base della reale storia clinica raccolta dal paziente. Tutto questo potrà consentire di superare, pure nelle pratiche vaccinali anti-Covid, la pratica aberrante del trial and error, ovvero l’alchemica sinossi condensata nel pensiero indifferenziato: “ti somministro questo prodotto e vediamo se è ben tollerato… in caso contrario lo sospendiamo o, magari, lo cambiamo”. Sfido chiunque a negare che questa sia, ancora oggi, la base operativa sulla quale si continua per gran parte a fondare la medicina corrente, con conseguenti sofferenze per il paziente e costi superflui per il sistema sanitario. Sofferenze e costi assolutamente evitabili se solo si attuassero metodiche predittive o quanto meno esplorative (la famosa e mai correttamente applicata “medicina narrativa”) in grado di individuare, prima ancora della somministrazione, qual è il principio attivo più giusto e, dunque, quello che può essere impiegato con maggior profitto da ogni singola persona ben oltre la concezione diffusa del “vediamo se lo tollera”.

Sarebbe retorico e, come tale, superfluo questo discorso se, a proposito di vaccinazione anti-Covid, noi non potessimo disporre di altri prodotti che non siano solo quelli a vettore adenovirale, fortemente “immunogeni” e, dunque, capaci di evocare o, semmai, slatentizzare reazioni immunitarie nell’organismo ricevente. Ma potendo disporre di vaccini “altri” e documentalmente meno aggressivi, diventa esercizio inutilmente rischioso procedere nella vaccinazione con logica meramente quantitativa. L’efficacia reale della campagna vaccinale (e la bravura di chi la organizza) non stanno soltanto nell’aver vaccinato indiscriminatamente e in tempo predefinito il maggior numero possibile di persone, di qualunque età ed in qualunque condizione esse si trovino, ma aver predisposto, con i medici, condizioni ideali per associare, attraverso attente procedure di personalizzazione, i percorsi di prevenzione più proficui e sicuri per ciascun individuo, sano o malato che sia.

Mauro Minelli

(Coordinatore per il Sud Italia Fondazione per la Medicina Personalizzata)

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