Attualità

Detenuta a Lecce lancia l’hashtag #IORESTOINCARCERE e chiede celerità per i domiciliari

LECCE – “Caro direttore,
chi le scrive è una detenuta di Borgo San Nicola, sezione femminile – reati comuni. In questo clima così profondamente angosciante, dopo aver trascorso un’altra notte insonne, ho deciso di prendere carta e penna e rivolgermi a lei per lanciare un ashtag nuovo e anche, forse impopolare: #IORESTOINCARCERE”.

Si apre così la lettera che una donna reclusa nel carcere di Lecce ha inviato al direttore di TeleRama.
“No, non sono pazza -scrive- può ben immaginare quanto sia difficile lo stato di detenzione, è una quarantena prolungata nel tempo, resa più amara per la lontananza con i nostri cari, e più difficile per i tanti problemi che ogni giorno dobbiamo affrontare, per l’assistenza sanitaria insufficiente, per la mancanza del lavoro intramurario, per il noto sovraffollamento.
In questo istituto siamo ormai più di 1.100, tra uomini e donne, una comunità scomoda all’interno della nostra bellissima città, già così schiacciata da tanti deficit vari.
Ma quando ci è stato comunicato che avremmo dovuto rinunciare ai colloqui visivi con i nostri cari, nessuna di noi ha protestato. Al contrario, abbiamo applaudito allo sforzo che la Polizia Penitenziaria tutta, dal comandante agli ispettori alle nostre agenti-assistenti, stanno mettendo in atto per garantirci almeno di mantenere i contatti con i nostri familiari. Sono state concesse quattro telefonate settimanali a ognuno di noi, da poter effettuare sino a sera tardi, ben oltre l’orario di chiusura delle celle.
Il primo giorno è stato un disastro -racconta- con le poche linee telefoniche di cui il centralino dispone a fronte di tanti detenuti. Da oggi, sembra che la situazione sia migliorata. Abbiamo capito che le misure di emergenza applicate sono state dettate dall’esigenza di tutelare la nostra salute e anche quella dei nostri cari che, con grandi sacrifici, ogni settimana vengono a trovarci, superando quel senso di sgomento che si prova varcando quei cancelli. Lo stesso senso di sgomento che la signora Rita Rusic ha provato ma non ha saputo spiegare quando, dopo essere entrata a Rebibbia per ottenere il permesso per andare a trovare l’ex marito ricoverato in ospedale, ha detto di essersi sentita “Così… così..”e non è riuscita a completare la frase.
Pur condividendo la decisione di concedere gli arresti domiciliari al sig. Cecchi Gori, quello che a noi stupisce è stata la velocità con cui il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha deliberato in seguito all’istanza dei legali del noto imprenditore. Quello che noi chiediamo è che tutti i tribunali di sorveglianza ci vengano incontro, concedendo con velocità quei benefici che spettano a molti di noi e che servirebbero a svuotare un po’ gli istituti penitenziari che sono ormai al collasso.
Noi che abbiamo compreso, che restiamo in carcere, che non distruggiamo le strutture, che non inveiamo contro le nostre agenti, donne, madri,figlie e mogli come noi, chiediamo di essere considerate tante Cecchi Gori in difficoltà.

Con affetto, una detenuta”

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