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Diossina nell’ex Aspica, al via l’inchiesta. E la bonifica la pagano i leccesi

LECCE- Per ora lo smaltimento di 80 tonnellate di rifiuti abbandonati lo pagheranno i cittadini leccesi, con 1.300.000 euro. Sulla società Aspica Recycling, però, attualmente in liquidazione, la Procura vuole vederci chiaro e ha aperto un’inchiesta sia sugli ingenti quantitativi di rifiuti abbandonati nell’opificio di viale Gran Bretagna, nella zona industriale leccese, sia sulla stessa società. Il dubbio è che, incamerato il guadagno della raccolta differenziata, sia stata fatta un’operazione per scaricare sul pubblico i costi di smaltimento e bonifica.

Non ci sono al momento nomi iscritti sul registro degli indagati. L’indagine è alle prime battute, ma si preannuncia ad ampio raggio, tanto che è stato costituito un apposito pool che vede schierati i pm Roberta Licci e Massimiliano Carducci e, nelle vesti di polizia giudiziaria, la Guardia di Finanza e la Polizia Provinciale.

Quest’ultima, il 31 ottobre scorso, ha acquisito documentazione presso il Settore Ambiente di Palazzo Carafa ai fini di un’annotazione relativa all’inottemperanza delle ordinanze emanate a più riprese. Il Comune, infatti, ha chiesto diverse volte, invano, al liquidatore della società di provvedere alla rimozione e al corretto smaltimento a norma di legge degli scarti lì presenti, compresi quelli oggetto del vasto incendio del 19 novembre 2015, quando i cumuli sono andati a fuoco poche ore dopo l’assegnazione all’incanto dell’immobile. Una coincidenza quasi certamente non casuale, dato che il complesso alla fine è rimasto invenduto e ad oggi risulta ancora sottoposto a procedura esecutiva immobiliare.

Oltre alla nube nera che si elevò sulla città, quel rogo ha avuto altre conseguenze. E non da poco. Lo studio ambientale commissionato nel settembre scorso dal Settore Ambiente di Palazzo Carafa ha evidenziato le criticità: inquinanti tossici come Policlorodibenzodiossine e Policlorodibenzofurani, diossine prodotte della combustione, hanno già contaminato gli strati superficiali del terreno e la fanghiglia presente nelle caditoie di raccolta delle acque meteoriche. Mentre i valori degli inquinanti nei fanghi sono sotto i limiti di legge, quelli nei terreni, prelevati su porzioni di piazzale su cui l’asfalto non c’è più, li hanno superati. Dunque, non si può rimandare ancora un intervento atteso dal 2010.

E’ per questo che il 29 gennaio scorso il Settore Ambiente del Comune ha emanato una determina che contiene il provvedimento di esecuzione dei lavori in danno del liquidatore casertano Pasquale Giulio. Cioè, tenterà di recuperare da lui – se mai ci riuscirà – quel 1.300.000 euro di soldi pubblici che saranno impiegati per rimuovere, trasportare e smaltire le plastiche e il vetro, ciò che resta della raccolta differenziata, materiali altamente infiammabili, su cui per primo il Noe accese un faro. Quei rifiuti sono rimasti accatastati lì in maniera assolutamente incontrollata, accanto ad aziende che con quel pericolo a due passi sono costrette a convivere.

Il Comune lo scrive a chiare lettere: in quel luogo, la proprietà “ha posto in essere la condotta vietata del deposito incontrollato di rifiuti”. In questo si è trasformato, come denunciato più volte da Telerama, l’opificio destinato alla selezione e imballaggio di rifiuti solidi urbani, autorizzato nel 2003 con certificato rilasciato alla società Axa Servizi srl, poi Aspica Recycling.

 

Tiziana Colluto

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