Cronaca

Operazione Alì Babà: si costituiscono due ricercati sfuggiti alla cattura

TAVIANO- Il 21 febbraio scorso, quando i carabinieri di Casarano li cercarono in casa per arrestarli, i due non c’erano.
A distanza di quasi 20 giorni, sta per chiudersi il cerchio attorno all’operazione Alì Babà che ha sgominato un’organizzazione criminale dedita a furti, ricettazione ed estorsione. Nella tarda serata di sabato, si sono infatti costituiti nella caserma dei carabinieri di Gallipoli due degli 8 destinatari dell’ordinanza di arresto emessa dal gip Giovanni Gallo. Si tratta di Mattia Greco, 22 anni, destinatario di un ordine di carcerazione ai domiciliari, e di Nicholas Lezzi, 28enne. Il primo, assistito dal suo legale, l’avvocato Paolo Cantelmo, ha raccontato di trovarsi all’estero per lavoro e di essere rientrato in Italia solo nelle scorse ore. Si è consegnato ai carabinieri anche Lezzi, accompagnato dal legale Davide Spiri. Lui è finito in carcere.
All’appello manca ancora Marco D’Amilio di 26 anni.
Sono stati otto gli arrestati e nove gli indagati nell’operazione che ha sgominato una banda specializzata nello svaligiare appartamenti e negozi, soprattutto le case al mare nella zona tra Taviano, Ugento, Racale e le marine come Torre Suda, Torre Mozza, Mancaversa, che venivano spogliate di tutto. La merce più appetibile gli elettodomestici di tutti i tipi: frigoriferi, televisori, condizionatori, mobili antichi e giare in terracotta, ma anche biciclette. E’ stato trovato anche un fucile. Gli arrestati erano  Gianfranco Schito, 45 anni di Taviano; Mattia Schito, 24 anni di Taviano; Zakaria Kadim, 27 anni, nato a Casablanca ma residente a Taviano; Fabio Nobile, 47 anni di Taviano; Andrea Giannelli, 28 anni di Taviano.

La centrale operativa era un nucleo di case popolari di Taviano, dove le due persone ritenute i capi dell’organizzazione abitavano: Fabio Nobile e Gianfranco Schito, quest’ultimo custode del locale depuratore che è stato perquisito e nel quale è stata trovata della merce rubata. I furti avvenivano anche su commissione. Se qualcuno aveva bisogno di qualcosa la richiedeva direttamente alla banda. Spesso avveniva anche il “cavallo di ritorno“: per riavere un oggetto a cui si era particolarmente affezionati si era disposti a pagare. Insomma a Taviano molti sapevano ma pochi denunciavano i furti. Centinaia gli episodi accertati, circa 250 in pochi mesi

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