Cronaca

Il mare invade la falda, pozzi sempre più a rischio

LECCE- Il mare continua a prendersi la falda del Salento e il rischio di perdere la più importante risorsa del territorio diventa esponenziale. L’allarme lo aveva già lanciato Arpa dopo i risultati del primo anno di monitoraggio, antecedente al 2009: il 50 per cento dei pozzi presentava valori di cloruri superiori ai 250 mg/l.
Questo significa che ora, almeno lungo le aree costiere, sarà necessario procedere alla sospensione del rilascio di nuove concessioni per il prelievo di acque dolci da utilizzare a fini irrigui o industriali, ad eccezione degli usi pubblici o domestici. Un’altra opzione sarà la limitazione delle portate massime da poter estrarre, soprattutto nella stagione estiva, quando la scarsa piovosità impedisce la ricarica della falda.

Questo c’è nelle intenzioni degli organi di controllo, per cui sarà, dunque, inevitabile adottare maglie più stringenti nel rilascio di nuove autorizzazioni o per il rinnovo di quelle scadute. Non una cosa da poco, visto che nel Leccese si continua a voler perforare ovunque e sono ben 4mila le domande pendenti a cui la Provincia dovrà dare risposta.

Un problema nel problema è quello che emerge dallo sconosciuto Rapporto Ambiente del Piano di Azione Nitrati, elaborato dall’Irsa Cnr. Cosa dice? Che dal 2013, altri 1398 ettari a nord ovest di Nardò si aggiungono ai complessivi 3460 ettari che in provincia sono stai perimetrati come aree in cui si hanno valori di concentrazioni di NO3 superiori ai limiti. Si tratta di Zone vulnerabili in prossimità di aree interessate da agricoltura intensiva, che prevede uso di concimi che apportano ammoniaca e nitrati nella falda. Le altre aree finite sotto la lente del Cnr per gli stessi motivi sono concentrate a Lecce, Trepuzzi, Surbo, Galatina, Salve, Taviano, Muro Leccese, Cutrofiano, Racale, Presicce, Collepasso e Arnesano.

Un problema serio, serissimo, quello della contaminazione salina dell’acquifero, non in cima, però, all’agenda politica. Eppure, è la stessa Arpa a sottolineare nei suoi rapporti che si rischia di rendere “inutilizzabile la risorsa”. Da parte sua, Aqp si è impegnato a dismettere i pozzi appartenenti al sistema di falde idriche esposte a maggior rischio.

Il nodo vero, però, resta sul controllo di tutti i restanti: nel Leccese, non si conosce il numero effettivo dei pozzi presenti, in quanto negli ultimi decenni gli emungimenti abusivi sono sfuggiti a ogni anagrafe. Vengono fermati, rimessi in esercizio e poi di nuovo spenti in base alle necessità e sono utilizzati soprattutto per irrigare i campi. Al momento, avere cognizione del reticolato esistente è pressoché impossibile.

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