BRINDISI- E’ un esperimento che ricorda molto quello ripetuto più volte dal Fondo Antidiossina sull’Ilva di Taranto: i fumi non si vedono ad occhio nudo ma ci sono, ripresi con una telecamera a raggi infrarossi. Stavolta a Cerano. A diffondere il video che sta facendo il giro del web è il comitato No al carbone. E il senso è chiaro: la centrale Enel Federico II è “onnipresente”, anche quando gli effetti sembra che non ci siano.
È un nuovo tassello che arriva nel giorno in cui in Tribunale, a Brindisi, si è tenuta una nuova udienza nell’ambito del processo per le polveri di carbone. Ad essere ascoltati in mattinata i testimoni in difesa degli imputati responsabili delle ditte che eseguivano i lavori di manutenzione del parco carbonile. Il 10 novembre proseguiranno gli ascolti, ma la data clou sarà quella del 1° dicembre, quando davanti al giudice Francesco Cacucci sfileranno i testi chiamati dalla difesa di Sandro Valery, responsabile protempore dell’area business Enel Produzione.
Il reato contestato, a valle delle indagini coordinate dal pm Giuseppe De Nozza, è getto pericoloso di cose e danneggiamento, per gli imbrattamenti e insudiciamenti che le polveri di carbone, disperdendosi nell’aria, avrebbero provocato intorno alla centrale. È ovvio, però, che anche per la portata del processo, che vede tredici imputati Enel, la partita appare molto più grande. Non è un caso che nell’udienza del 17 settembre scorso, il Comune di Brindisi, costituitosi parte civile, attraverso il suo consulente, il geologo Franco Magno, abbia cercato di sostenere come ci fosse stata anche contaminazione di diverse zone del Parco regionale Saline di Punta della Contessa.
Gli studi scientifici, tuttavia, difettano ancora. E ancora di più quelli legati ad un rischio sanitario dovuto all’inquinamento: a Brindisi continua a mancare un’indagine epidemiologica, che non si smuove nonostante sia già stata finanziata.
