LECCE- Il pasticcio sugli estimi diventa sempre più ingarbugliato: il Consiglio di Stato, nei giorni scorsi, ha rimesso in piedi la revisione delle rendite catastali, che il Tar aveva bocciato nel 2013. Per un “difetto di giurisdizione”, chi si è rivolto al Tar si ritrova nei guai e dovrà pagare gli aumenti automatici di Imu, Tares e imposte sulla compravendita immobiliare, proprio perché il riclassamento attribuisce al bene una rendita maggiore ai fini del pagamento di una serie di tasse.
Salasso in tempi di crisi scongiurato dai fortunati che hanno scelto di fare ricorso individuale alla Commissione Tributaria, sono circa settemila contribuenti: in questo caso pagheranno sulla base delle vecchie rendite. Insomma, un cavillo giuridico che alla fine produce una disparità di trattamento: vince il formalismo giuridico, non la sostanza. Il problema, messo in luce dal tributarista Leonardo Leo, è che la sentenza del Consiglio di Stato è viziata da una grave svista: è stata applicata una legge sbagliata, che nel frattempo era stata modificata.
Ecco perché il Comune di Lecce, con le associazioni dei consumatori, ha studiato la via di uscita: si farà ricorso in Cassazione per contestare il conflitto di giurisdizione evidenziato dal Consiglio di Stato sulla base di un errore giuridico.
Poi si aggiungeranno, contestualmente al ricorso già pendente, nuove motivazioni in Commissione Tributaria: si chiederà di annullare erga omnes, cioè nei confronti di tutti i cittadini, gli atti amministrativi che hanno condotto al riclassamento. In altre parole l’estensione per tutta la cittadinanza delle circa 7 mila sentenze che hanno dato ragione al contribuente.
Per il presidente dell’Ordine degli Ingegneri l’errore è a monte: le due microaree individuate dal comune sono eccessivamente estese e non omogenee, perché coprono quasi tutta la città di Lecce.
