Cronaca

Crac Fse, 10 anni di reclusione per l’ex amministratore unico Fiorillo

BARI – Condanna a dieci anni di reclusione per l’ex amministratore unico delle Ferrovie Sud EstLuigi Fiorillo. È la sentenza emessa dal tribunale di Bari nell’ambito del processo sul crac dell’azienda. Fiorillo è stato riconosciuto responsabile dei reati di bancarotta fraudolenta e di alcuni episodi di distrazione e dissipazione del patrimonio societario, avvenuti tra il 2001 e il 2015. Le condotte di Fiorillo, secondo quanto ricostruito dalla procura barese, causarono il crac da 230 milioni delle Fse.

Fiorillo è stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e nei suoi confronti è stata disposta l’inabilitazione di esercitare un’attività di impresa e l’incapacità di esercitare uffici direttivi in qualunque impresa per dieci anni. Inoltre dovrà pagare una provvisionale da un milione di euro nei confronti di Fse, da 15mila euro al Ministero dei Trasporti e da 20mila euro alla Regione Puglia, tutti costituiti parte civile.

Condannatio a quattro anni e mezzo di reclusione Ferdinando Bitonte, gestore di alcune società che avrebbero contribuito alla distrazione di 53 milioni di euro da Fse; a quattro anni l’avvocato Angelo Schiano per la distrazione di 27 milioni di euro dal patrimonio di Fse, e l’ex dirigente delle Ferrovie Sud Est, Francesco Paolo Angiulli. L’ex dipendente di Fse Nicola Di Cosola è stato condannato a due anni (pena sospesa) per un episodio di dissipazione del patrimonio societario. Angiulli, Schiano e Bitonte sono stati interdetti per 5 anni dai pubblici uffici. 

Assolti gli altri otto imputati per gli episodi di sperpero del patrimonio Fse a loro contestati. Si tratta di Carolina Neri, Gianluca Neri, Gianluigi Cezza, Rita Giannuzzi, Carlo Beltramelli, Sandro Simoncini, dell’ingegnere salentino Vito Antonio Prato (per lui è caduta l’accusa di aver intascato cifre gonfiate per consulenze) e dell’imprenditore leccese Fabrizio Romano Camilli. Quest’ultimo, assolto perché “il fatto non sussiste”, in qualità di amministratore pro tempore e direttore generale di Svicat, forniva carburante a Fse. Secondo l’accusa – risultata infondata – avrebbe venduto il gasolio ad un prezzo maggiore del 40% rispetto a quello di mercato. Le indagini hanno accertato che il gasolio ricevuto da Eni e venduto alle Ferrovie Sud Est era di tipo sperimentale e meno inquinante, e dunque era giustificato il costo maggiore.

 

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