GALLIPOLI – Avrebbero puntato sull’incremento e consolidamento del potere economico-imprenditoriale, sfruttando “la capacità di condizionamento all’interno dell’attività amministrativa del Comune di Gallipoli, anche attraverso lo spostamento di pacchetti di voti in grado di determinare le maggioranze nelle tornate elettorali amministrative, obiettivo e al tempo stesso strumento fondamentale per la realizzazione dei loro investimenti economici“. È quanto continua ad emergere dalle carte dell’inchiesta condotta dai finanzieri su Gallipoli e confluita negli arresti domiciliari di due imprenditori , Cesario Faiulo ed Emanuele Piccinno, accusati insieme a funzionari e tecnici comunali e membri infedeli delle Forze dell’ordine, di aver messo in piedi una vera e propria associazione a delinquere, che conta dunque altri indagati. Un’organizzazione mossa da interessi personalistici, a danno della cosa pubblica.
Cene, divertimento e mazzette: questa la merce di scambio. Ma non mancano episodi – ricostruiti sempre dagli inquirenti – in cui il fine avrebbe giustificato anche gravi, gravissimi mezzi.
Per trarre vantaggi per la propria attività, Casario Faiulo – titolare del lido Zen di Gallipoli – secondo il quadro accusatorio nel giugno del 2019 avrebbe commissionato un incendio doloso in un’area mista bosco e macchia mediterranea che intendeva destinare ad area parcheggio a pagamento a servizio della propria attività.
Ad ostacolare le attività di controllo giudiziario, che agli illeciti paesaggistici commessi per ampliare le proprie strutture non avrebbero lasciato scampo, ci avrebbe pensato il carabiniere Salvatore Corrado, allora in servizio presso la compagnia di Gallipoli. Piccinno e Faiulo – si legge ancora nelle carte – avrebbero anche ordito attività di dossieraggio per screditare l’operato dei magistrati in servizio presso la Procura di Lecce e attività di dossieraggio in danno di appartenenti alle forze dell’ordine considerate ostili. Il tutto per neutralizzare l’attività di politica giudiziaria nei loro confronti.
La longa manus di Faiulo, considerato “dominus” dell’organizzazione, per gli inquirenti è Emanuele Piccinno,assessore a Gallipoli fino al luglio 2018 e poi imprenditore nei settori di giochi, scommesse e ristorazione. Sarebbe stato lui, nel suo ruolo di politico, a condizionare l’attività amministrativa gallipolina, “strumentalizzando – si legge – le relazioni istituzionali maturate con l’Ufficio tecnico dell’Ente, così da incrementare il potere economico del gruppo di imprese riconducibili ai Faiulo: dalla discoteca TEN al lido Zen, all’Hotel Vittoria Palace e alle società operanti nel settore dell’edilizia, Fama e Procogest“.
I presunti scambi con la politica chiamerebbero in causa anche la consigliera comunale Caterina Fiore, membro della Commissione Urbanistica incariata di perimetrare le aree escluse dalla tutela paesaggistica. Per i favori resi a Faiulo, al quale gli inquirenti la definiscono “politicamente asservita”, avrebbe ricevuto in cambio forniture di frutta e verdura per un valore di 1.600 euro.
E.Fio
