Attualità

“Cibo di pessima qualità al Fazzi”. Lo dicono degenti e familiari

LECCE – Che il cibo dell’ospedale Vito Fazzi sia di scarsa qualità è un dato di fatto. L’ispezione del 1° agosto del consigliere regionale Paolo Pagliaro è servita a scoperchiare un pentolone colmo di assurdità, incongruenze, superficialità, inettitudine e inquietanti silenzi.

Molti sapevano e hanno fatto finta di nulla. Di certo non i degenti, uniche vittime di questa situazione a dir poco paradossale. Sono stati loro inviando una valanga di segnalazioni a innescare la miccia. Un coro di proteste raccolto da Pagliaro che ha voluto recarsi di persona per capire cosa stessa accadendo. il resto è storia nota. cibo scotto, freddo e poco appetibile, praticamente immangiabile.

Non è un caso, infatti, che i vassoi distribuiti ai pazienti spesso restino pieni. Piatti non toccati e rispediti al mittente. L’unica cosa che si può mangiare è il pane, afferma una signora.

Ma non è solo un problema di qualità, ma anche di scarsità delle pietanza. Emblematica la testimonianza di un ex paziente. Una fettina data di 70 grammi di carne viene spacciata per una di 120 grammi, denuncia il signor Giorgio.

I commenti dei degenti del Fazzi o di semplici cittadini che hanno avuto a che fare con il servizio mensa dell’ospedale vanno tutti nella stessa direzione: una bocciatura su tutta la linea e un invito al consigliere Pagliaro a proseguire questa battaglia.

Nel mirino dei pazienti finisce la Asl Lecce: “Dovrebbero spiegare come mai il centro cottura non è ancora entrato in funzione dopo i lavori di ammodernamento”. Eh sì, perché – come ha ricordato Pagliaro – i pasti vengono preparati a Gallipoli e trasferiti successivamente al Fazzi di Lecce dove vengono sistemati prima di essere distribuiti nei vari reparti. Un viaggio di 36 chilometri che contribuisce a rendere scadente il servizio e di pessima qualità il cibo.

Accendere un faro sul servizio mensa non è solo un dovere istituzionale ma un atto di trasparenza e un obbligo morale verso chi è costretto a stare in un letto d’ospedale. Questione di rispetto e di dignità.

 

 

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