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Massacro di via Montello: De Marco condannato all’ergastolo. In lacrime i familiari delle vittime

LECCE – Per Antonio De Marco disposto il carcere a vita. Per quello che è stato ribattezzato il “Massacro di via Montello” a Lecce, il conto presentato oggi dai giudici della Corte d’Assise – presieduta da Pietro Baffa – è quello più pesante in assoluto: la pena dell’ergastolo. Dopo la lettura del dispositivo di sentenza, i familiari delle vittime si abbandonano alle lacrime e lasciano l’aula in silenzio, chiusi nel proprio dolore.

Responsabile reo confesso del massacro di Eleonora Manta e Daniele De Santis, quel tragico 21 settembre del 2020, del 23enne sono stati acclarati – nel corso di quasi due anni di processo – la piena capacità di intendere e di volere, il costante contatto con la realtà, la fredda premeditazione e attuazione del duplice assassinio, la consapevolezza di quanto fatto, lontana però dal reale pentimento. Elementi cruciali, per i quali la Pm Maria Consolata Moschettini  – al margine della requisitoria del 5 aprile scorso – aveva invocato la detenzione perpetua in carcere e un anno di isolamento diurno, chiedendo in riconoscimento di due aggravanti: crudeltà e premeditazione.

Il giorno del massacro, l’ex coinquilino della coppia li ha sorpresi in casa loro, in via Montello, a Lecce. Nonostante avesse lasciato l’appartamento su richiesta di Daniele, che in quella casa aveva deciso di avviare una convivenza con la sua Eleonora, De Marco ne aveva trattenuto le chiavi. Ecco perché quella sera, mentre la coppia era intenta a cenare, lui è piombato nell’abitazione, per poi accanirsi sui corpi di entrambi impugnando un coltello.

Ai giovani fidanzati (33 anni lui e 30 lei) sono state inferte, in tutto, più di 80 coltellate. Le urla, il sangue, le disperate richieste di aiuto, l’orrore, gli errori, l’arresto e poi la confessione del giovane aspirante infermiere, che all’epoca dei fatti aveva 21 anni.

La colpa dei giovani innamorati brutalmente assassinati? La loro felicità, che Antonio De Marco ha confessato di non riuscire più a tollerare: loro insieme e così felici, lui così solo, immerso in fantasie compensatorie frustrate poi dalla realtà. Un esempio su tutti: il personaggio da lui inventato, denominato “Vendetta”, rivelatosi poi una proiezione di se stesso, come certificato dai lunghi sfoghi trovati sui diari del giovane e finiti agli atti.

Anche nel giorno decisivo del processo a suo carico, De Marco ha rinunciato alla possibilità di presenziare in aula.

“Un narcisista maligno, pronto ad eliminare ciò che non riesce a tollerare” lo ha definito in una precedente udienza la criminologa Roberta Bruzzone, ascoltata in qualità di consulente di parte nominata dal papà di Eleonora. “Per questo – aveva poi aggiunto – siamo davanti ad un potenziale serial killer“.

Il giudice Baffa rigettò da subito la richiesta di rito abbreviato avanzata dai legali di De Marco. Nulla di fatto anche per la richiesta di infermità mentale, ritenuta infondata al margine dalle perizie effettuate. De Marco – stando alle conclusioni della Corte – ha agito con consapevolezza e avrebbe potuto continuare a farlo. Per questo per lui è stata disposta la massima pena.

ERICA FIORE

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