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Massacro di via Montello: per De Marco invocato l’ergastolo

LECCE – La Procura per Antonio De Marco invoca il carcere a vita. Responsabile reo confesso del massacro di Eleonora Manta e Daniele De Santis, del 23enne sono stati appurati – nel corso del processo – la piena capacità di intendere e di volere, il costante contatto con la realtà, la fredda premeditazione e attuazione del duplice assassinio, la consapevolezza di quanto fatto, lontana però dal reale pentimento. Elementi cruciali, per i quali oggi il Tribunale presenta il conto, quello più pesante in assoluto.

Il 21 settembre del 2020, l’ex coinquilino della coppia li ha sorpresi in casa loro, in via Montello, a Lecce. Sui corpi dei fidanzati sono state inferte più di 80 coltellate. Le urla, il sangue, le disperate richieste di aiuto, l’orrore, gli errori, l’arresto e poi la confessione del giovane infermiere. In mattinata, nell’aula bunker del carcere di Lecce, ha ricordato dettagliatamente tutto questo la Pm Maria Consolata Moschettini, durante la requisitotoria al margine della quale per De Marco ha invocato appunto l’ergastolo e un anno di isolamento diurno.

Lo ha fatto davanti alla Corte d’Assise, presieduta dal giudice Pietro Baffa. In aula erano presenti i familiari delle vittime, mentre De Marco – ancora una volta – si è avvalso della possibilità di non presenziare.

La colpa dei giovani innamorati brutalmente assassinate? La loro felicità, che Antonio De Marco ha confessato di non riuscire più a tollerare: loro insieme e così felici, lui così solo, immerso in fantasie compensatorie frustrate poi dalla realtà. Un esempio su tutti: il personaggio da lui inventato, denominato “Vendetta”, rivelatosi poi una proiezione di se stesso.

“Un narcisista maligno, pronto ad eliminare ciò che non riesce a tollerare” lo ha definito in una precedente udienza la criminologa Roberta Bruzzone, ascoltata in qualità di consulente di parte nominata dal papà di Eleonora.

Il giudice Baffa rigettó da subito la richiesta di rito abbreviato avanzata dai legali di De Marco, all’epoca dei fatti 21enne. Nulla di fatto anche per la richiesta di infermità mentale, ritenuta inaccoglibile al margine dalle perizie effettuate.

Tutto di De Marco, col senno di poi, avrebbe lasciato presagire il peggio. Il diario in cui sfogava la sua incapacità di relazionarsi con le ragazze, la crescente rabbia nei confronti di chi – a differenza sua – appriva sereno e ben inserito nel contesto sociale, la passione – portata al limite – per i serial killer, le suppliche a Dio molto più simili a delle minacce: “se non trovo una donna, sarò costretto ad uccidere” scriveva sul diario.

Una personalità controversa la sua, ma – ha ribadito la Pm – perfettamente agganciata alla realtà. Il pubblico Ministero, in chiusura, ha anche invocato il riconoscimento dell’aggravante della crudeltà.

Il 17 maggio parleranno gli avvocati di De Marco. Il 7 giugno arriverà la sentenza.

ERICA FIORE

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