Cronaca

Colpo alla Bnl di piazza S.Oronzo, la svolta: quattro arresti. LA RICOSTRUZIONE DEL FURTO

LECCE- Pietro Fiore, 47 anni di Veglie, Luciano Romano, 44 anni di Formia in provincia di Latina, Salvatore Mazzotta, 51 anni residenente a Veglie e Marco Salvatore Zecca 46 anni di Galatina: sono loro secondo le indagini gli autori del clamoroso furto nella filiale di piazza S. Oronzo della Bnl, l’ 11 novembre del 2018, che aveva fruttato ai banditi circa un milione di euro. Sono stati arrestati all’alba, i primi due in carcere gli altri ai domiciliari, dopo due anni di indagini coordinate dal pm Maria Vallefuoco e condotte della Squadra Mobile di Lecce al comando del dottor Alessandro Albini. L’accusa è di furto pluriaggravato in concorso.

Gli indizi lasciati sul posto dai banditi erano pochissimi. Le indagini scattate subito dopo non hanno avuto un preciso punto di partenza. I ladri sembravano professionisti, e sicuramente esperti in allarmistica: gli impianti di sicurezza erano stati completamente neutralizzati e tutto era stato calcolato nei minimi dettagli. Uno di loro, una volta entrato nel caveau della banca si chiuso dentro un armadio di metallo così da schermarsi dai sensori di movimento. Era stato manomesso dall’interno il sistema Time Look che non consente l’apertura della porta blindata prima di un dato orario così da così da permettere ai complici di aprire la porta corazzata ed entrare, per poi chiudersi dentro e rimanerci per due giorni.

Alessando Albini, dirigente della Squadra Mobile di Lecce

Le indagini che hanno portato alla svolta, con l’identificazione e l’arresto all’alba dei quattro presunti moderni Lupin, sono partite quindi dall’antefatto: gli agenti hanno inziato a visionare le telecamere di sorveglianza della città partendo dalle quelle della zona e poi allargando il cerchio, e concentrandosi anche ai giorni precedenti. Proprio quest’analisi ha consentito di isolare alcuni veicoli, che venivano visti muoversi in diversi punti della citta sempre procedendo l’uno dietro l’altro: un Doblò Fiat bianco intestato al figlio di Piero Fiore, una Fiat Punto bianca intestata ad una società campana ed infine una Pegeuot 1007, intestata alla moglie di Luciano Romano. Da lì sono scattate intercettazioni e servizi di osservazione. Fondamentale è stato un profilo genetico estretto dalla scientifica sul materiale lasciato sul posto e risultato appartenere a Piero Fiore.

Lo scenario che si era presentato quella sera ha subito fatto pensare ad un colpo studiato nei minimi di certo i ladri erano stati interrotti dall’arrivo della vigilanza, insospettita dalla prolungata assenza della rete. Dopo aver ascoltato i titolari delle cassette di sicurezza svuotate, circa 80, il danno è stato calcolato in un milione di euro. violate si è ritenuto vi fosse stato un danno complessivo ammontante a circa 1.000.000.

Salvatore Mazzotta, è stato bloccato in Austria,  Luciano Romano è stato catturato nella sua villa di Formia (LT). Nel corso della perquisizione di una cassaforte sono stati rinvenuti e sequestrati centinaia di monili d’oro. Zecca è ritenuto l’informatico del gruppo. La perquisizione ha permesso di sequestrare svariati hard disk e apparecchi cellulari.

IL MISTERO DELLE CHIAVI

Dalle indagini è emerso che i ladri erano in possesso delle chiavi di apertura di tutte le porte che conducevano al loro obiettivo, nonché della chiave della porta posta al primo piano rinvenuta aperta dalle guardie giurate intervenute per prime. Attraversando questa porta si giunge su via Rubicone, all’epoca dei fatti totalmente priva di sistemi di videosorveglianza e comunicante con via Trinchese. Da qui è possibile raggiungere agevolmente diverse vie che conducono fuori dell’abitato di Lecce anche senza essere ripresi delle telecamere pubbliche o private presenti nella zona. Questo fa ritenere che questa sia stata la via di fuga dei ladri.  Anche la grata di accesso alla stanza dove era ubicato il caveau delle cassette di sicurezza risultava aperta, senza segni di forzatura, come pure la porta blindata. Da un’accurata verifica effettuata dai responsabili dell’istituto nelle giornate del 14 e del 15 novembre emergeva la mancanza di tutti i duplicati delle chiavi di accesso del caveau con le cassette di sicurezza che sarebbero dovute essere presenti all’interno di una cassetta metallica.  Chi ha fornito la copia delle chiavi?

LE INTERCETTAZIONI

Dal contenuto di dialoghi captati durante delle conversazioni telefoniche gli inquirenti ritengono che gli indagati stessero organizzando l’ennesimo colpo danni di un altro istituto di credito, con ogni probabilità collocato a Termoli. Tra l’altro numerose sono state le trasferte proprio in questa città effettuate dal Romano nell’arco temporale compreso tra il 13 marzo 2019 al 2 maggio 2019.  Diverse le intercettazioni captate tra una donna ed il Mazzotta. ” Tutti hanno avuto la loro parte tranne te“, dice questa, riferendosi, con ogni probabilità alla spartizione del bottino del colpo alla Bnl.  Poi aggiunge: “devi entrare dentro insieme a loro…le arance non te le porto io… tranquillo proprio“.

IL DNA CHE INCASTRA FIORE

Fondamentale tassello nell’ articolata attività di indagine è costituito dagli esiti dell’esame biologico eseguito sui reperti rinvenuti sul luogo del delitto.  Nel corso del  primo sopralluogo all’interno del locali sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro una bottiglia di plastica contenente del liquido poi risultato essere urina e un paio di guanti da lavoro. I  campioni salivari prelevati agli indagati ha permesso di appurare la completa corrispondenza con il profilo genetico di Fiore.

Mariella Costantini

 

 

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