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Dipendenti in cassa covid, ma costretti a lavorare: caccia alle aziende “furbe”

LECCE – “Il timore di perdere il lavoro in un momento così difficile frena le denunce, ma i lavoratori ci chiedono aiuto”. Ecco l’ennesimo fenomeno figlio della pandemia, che suscita rabbia e tristezza.

Sono quelle che Uiltec Lecce chiama le “Aziende furbette della cassa integrazione”. “Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni – spiega la segretaria generale, Fabiana Signore- da parte di lavoratori del comparto tessile e calzaturiero formalmente in cassa integrazione per Covid, ma ‘costretti’ dalle rispettive aziende a lavorare comunque e spesso a pieno regime. Un malcostume perpetrato ai danni dello Stato (e degli stessi lavoratori) che bisogna fermare subito”.

“Ho raccolto personalmente – dice ancora Signore – diverse testimonianze di lavoratori in Cassa Covid della nostra provincia che si sono ritrovati ‘sotto ricatto’, cioè costretti a lavorare esattamente quanto lavoravano prima, se non di più, con la beffa di non poter nemmeno ricevere lo stipendio intero. È una situazione che fatica a emergere, perché i lavoratori hanno paura di perdere il posto di lavoro e non denunciano alle autorità, ma chiedono aiuto a noi sindacati. In questo modo l’azienda sta utilizzando i soldi pubblici per pagare i dipendenti, il che equivale a una frode allo Stato che alla fine danneggia non solo i lavoratori, ma anche gli imprenditori onesti che retribuiscono correttamente il personale e che per fortuna sono la stragrande maggioranza”.

“Chiediamo che si intervenga, non solo rafforzando le ispezioni sui luoghi di lavoro, ma anche i controlli incrociati, che guardino ai fatturati delle aziende che fanno richiesta della Cassa Covid. Parliamo di uno strumento importantissimo, che ha evitato migliaia di licenziamenti – conclude – e che deve continuare a essere erogato a quelle aziende che effettivamente hanno subìto e continuano a subire una riduzione del fatturato, non ai furbetti”.

 

E proprio in riferimento alla denuncia del sindacato UILTEC, che abbiamo appena ascoltato, interviene Confindustria Lecce, per bocca del presidente della Sezione Tessile Abbigliamento Calzaturiero, Michele Zonno.
“La nostra associazione – dice – non è a conoscenza di alcun episodio relativo a propri iscritti quali quelli segnalati. Stigmatizziamo eventuali comportamenti illegali, ma invitiamo anche a segnalarli in maniera circostanziata, anche per evitare che denunce generalizzate possano danneggiare l’immagine delle tante imprese del settore che operano nella legalità. Confindustria Lecce, ribadendo il proprio impegno a sostegno di un sistema di imprese sano e che rispetta le regole, auspica l’intervento rigoroso, anche a tutela del distretto manifatturiero salentino e dei suoi operatori, sui casi specifici da parte di chi è incaricato di vigilare”.

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