Cronaca

Omicidio Noemi, il pm: Lucio poteva salvare la ragazza

LECCE-“Un granitico compendio probatorio su cui fondare, al di la di ogni ragionevole dubbio la convizione che i fatti si siano svolti nei modi descritti nelle imputazioni. E questo nonostante i reiterati tentativi di inquinamento probatorio realizzati da Lucio sin dai primi momenti e dai maldestri e goffi tentativi di coivolgere terzi soggetti estranei al fatto”. Tutti smentiti di volta in volta dagli elementi di prova raccolti nel corso delle indagini: traffico telefonico, analisi delle numerose immagini acquisite dai sistemi di videosoveglianza, intercettazioni, ascolto di persone informate sui fatti. Nella sua lunga requisitoria il pm del tribunale dei minori Anna Carbonara ha ricostruito gli ultimi giorni di vita di Noemi e il contesto difficile e drammatico nel quale l’omicidio è maturato. La condanna del gup Aristodemo Ingusci, anche se le motivazioni saranno depositate sucessivamente, ha confermato questa ricostruzione condannando Lucio che al momento dell’omicidio sapeva perfettamente cosa faceva, che avrebbe potuto salvare la ragazza e non lo ha fatto. Del resto la perizia psichiatrica aveva confermato che “Lucio è capace di volere, autodeterminarsi e durante la commissione del fatto ha mantenuto la capacità di valutare la situazione ne ha colto il disvalore tanto da determinarsi per l’occultamento del corpo della vittima”. Era solo, secondo il pm, era a Specchia alla guida della Fiat 500 alle ore 4 57. L’auto è stata immortalata dalle telecamere di video sorveglianza di un’abitazione sulla strada che porta sul luogo del delitto: passa due volte, all’andata e al ritorno:alle 6.23 e alle 7.07 del mattino: 44 minuti nei quali si può fondatamente ipotizzare sia stato consumato l’omicidio.

Era solo perché nessuna auto è passata, né prima, né dopo. E la ragazza era ancora viva al momento del seppellimento sotto le pietre. La conferma, oltre che dall’autopsia, arriva anche da un’intercettazione di un colloquio in carcere tra Lucio e il padre in cui dice chiaramente che lei “Cercava di muoversi mentre gli mettevo le pietre sopra”. Ricoprire il corpo di pietre è significato quindi non solo occultare il cadavere, ma cagionare la morte della ragazza nella piena consapevolezza che fosse ancora viva.

Nella ricostruzione anche la storia tra i due giovani, cominciata nel 2016 e costellata di aggresisoni fisiche per la morbosa gelosia di lui. La premeditazione secondo il pm è confermata da due fatti: l’elemento cronologico. Rappresentato da un apprezzabile intervallo temporale tra risoluzione e azione sufficiente a far riflettere sulla decisione e a consentire il recesso dal proposito criminoso e l’elemento ideologico e psicologico : la risoluzione criminosa è ferma e irrevocabile. E poi il movente: l’esigenza di liberarsi dalla causa del suo profondo malessere psocologico , di eliminare il problema. In tutto questo la figura del padre di Lucio, Biagio Marzo ha un ruolo importante. E’ lui che per primo, ad esempio, tira fuori la storia di Noemi che vuole uccidere lui e la moglie. Lucio non aveva mai parlato in precedenza. Nelle accuse la contestazione anche dei motivi abietti e futili: l’omicidio, crudele, è il risultato di un percorso motivazionale sproporzionato rispetto alla gravità del fatto.

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