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Svalutazione monetaria, spiraglio per gli utenti: la prova del danno spetta alle banche

LECCE- In caso di svalutazione monetaria, non saranno più gli utenti a dover provare il maggiore danno subito nella tenuta del proprio conto corrente. L’onere della prova spetterà al debitore, in questo caso la banca. E ciò, come dichiarato dal presidente di Adusbef, il leccese Antonio Tanza, “apre uno spiraglio di salvezza in  un periodo storico in cui  correntisti  risultano sempre più vessati dai comportamenti illegittimi degli istituti di credito e dalla legislazione di settore”.

Nevralgica è stata la decisione della Suprema Corte di Cassazione del 19 aprile scorso con cui è stato rigettato, in quanto manifestamente infondato, il ricorso presentato da Intesa San Paolo Spa contro la decisione della Corte di Appello di Roma che aveva riconosciuto, senza necessità di ulteriore aggravio probatorio, la rivalutazione monetaria sulla somma liquidata al correntista ex art. 2033 c.c..

Tanza è netto: “Dopo un governo filobancario che dal 2016 ha massacrato le famiglie italiane immolandole sull’altare costruito dal potere bancario, influenzando pesantemente anche la giurisprudenza (si pensi alla “macelleria sociale” innescata dalla “buona prassi” del tempestivo recupero dei crediti incagliati ad opera delle sezioni immobiliari dei vari Tribunali che svendono le case degli italiani ai fondi di investimento, spesso anche con composizione estera ), ora il vento è cambiato e si inizia a respirare un’aria nuova, pulita che segnerà il destino del nostro paese”. Dunque, il creditore non sarà tenuto a fornire alcuna prova specifica del danno causalmente ricollegabile alla svalutazione monetaria. Sarà dunque il debitore a dover, eventualmente,  provare una situazione opposta a ciò che normalmente accade, ossia l’uso antinflattivo del denaro da parte del creditore.</p

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