LECCE – “Queste cose sono all’ordine del giorno tra noi giovani”. A parlare è uno studente al secondo anno dell’Istituto Tecnico Industriale “E.Fermi” di Lecce: è uno dei pochi che, a differenza dei suoi compagni anche più grandi, sfida l’imbarazzo del microfono e prende posizione. Poche parole le sue, centellinate, che pesano però come macigni. È in primis la spontaneità della sua riflessione ad arrivare dritta come un pugno nello stomaco raccontando quello che forse sfugge ai più: del bullismo manca la percezione.
Alla vigilia del 25 aprile, come ogni giorno, suona la campanella dell’ultima ora nell’Istituto balzato agli onori della cronaca nei giorni scorsi per un presunto caso di bullismo emerso tramite un video choc girato in classe e tuttora oggetto di indagini. La vittima, un 17enne, oltre a subire percosse sarebbe stato utilizzato dai presunti bulli “come cancellino per pulire la lavagna”.
“Non è facile risalire alla verità -aveva ammesso il dirigente, Giuseppe Russo– ai ragazzi è difficile strappare le parole di bocca, spesso hanno paura“. Ed è quello che qui si tocca con mano: non sanno spiegarlo ma di parole da spendere proprio ne hanno. Qualcuno si finge inglese, qualcun altro -citiamo testualmente- dice di “non essere intenzionato a rilasciare dichiarazioni”. Di “no, grazie” ne incassiamo tanti. E quando qualcuno invece sceglie di parlare la più grande preoccupazione sembra ridursi alla figuraccia che la vicenda avrebbe fatto a fare alla scuola e ai compagni tutti.
No, non è questione di omertà. È questione di percezione. Se la normalità consiste nel gioco violento, come qualcuno di loro raccontam, allora testimone di violenza non sarà mai nessuno. E questa, seppur distorta, è logica ma non omertà.
E.Fio