LECCE- Era il 24 novembre 2010. Alle 17.30 circa Giovanna Greco, 72 anni originaria di Arnesano, è stata accompagnata dai familiari al pronto soccorso di Lecce per mal di testa e vertigini, dopo aver fatto una visita da un otorino laringoiatra ed una tac.
Nessun riscontro e l’anziana torna a casa e viene invitata in caso di malessere durante la notte a ripresentarsi al pronto soccorso. Il giorno successivo viene riaccompagnata in ospedale dal 118 verso le 9.30 ma la situazione era precipitata: l’ipotesi avanzata dal personale medico è di ictus.
La paziente viene monitorata dal personale medico ma qualcosa non è andato per il verso giusto e Giovanna in quel letto d’ospedale muore poche ore dopo nell’incredulità dei familiari rassicurati fino alla fine che tutto fosse sotto controllo. Dall’esame autoptico, eseguito dal medico legale Roberto Vaglio, è emerso che a provocare il decesso è stato un arresto cardio-circolatorio.
I medici indagati erano ben sette, ma dopo una serie di archiviazioni soltanto per tre il sostituto procuratore Paola Guglielmi ha chiesto il rinvio a giudizio.
Lo scorso Giugno la svolta: tre camici bianchi del “Vito Fazzi” di Lecce dovranno sostenere un processo penale. Il gup Michele Toriello rinvia a giudizio due medici del pronto soccorso e un neurologo, con l’accusa di omicidio colposo.
“Continue richieste di archiviazione e ricorsi -racconta la figlia Teresa– fino all’udienza fissata Giovedì 22 settembre quando alle 9 eravamo tutti in aula, legali inclusi, davanti al giudice ma un imputato non aveva ricevuto la notifica della convocazione nonostante anche il suo legale fosse presente”.
Tra lungaggine burocratica legislativa e intoppi, esplode la rabbia di Teresa che vorrebbe giustizia per sua madre: “mi chiedo se questa non sia un circolo per arrivare alla prescrizione, mi chiedo quanti casi come questi si verifichino in italia. E’ questa la giustizia?– incalza- E’ questo il modo di difendere dei diritti inviolabili come quello alla vita?”.
L’udienza è stata rinviata al prossimo 30 Marzo, intanto i familiari della 72enne raccontano l’angoscia che li affligge dal quel fatidico novembre 2010: “non ci arrendiamo perchè non è giusto morire nel silenzio”.