Cronaca

30 anni di Chernobyl: la nube tossica non risparmiò il Salento

LECCE- Trent’anni di Chernobyl ce li portiamo appresso. Anche qui. Non sono state mai studiate fino in fondo le conseguenze su questo territorio del più grande disastro nucleare che la storia ricordi, l’unico classificato come “catastrofico” assieme a quello di Fukushima del 2011.
L’unica cosa certa è che la nube tossica che si sprigionò dopo quel 26 aprile 1986 interessò anche la Puglia. Anche il Salento. Un dato considerato scontato. Ma che oggi riemerge sulla base di prove diverse. Il video relativo alla diffusione di Cesio 137 è dell’Istituto francese per la radioprotezione e la sicurezza nucleare (IRSN) e dimostra chiaramente come, in base ai venti, quella nube radioattiva è riuscita a estendersi su buona parte dell’Europa. Nel tardo pomeriggio del 2 maggio di trent’anni fa, si è avvicinata man mano dai Balcani alle coste adriatiche, investendo in toto la parte meridionale della Puglia. Sul Salento è rimasta almeno fino al 9 maggio. Una settimana intera.  La conferma arriva anche da altre mappe. Sono quelle elaborate dal progetto Humus, che da danni studia le ripercussioni di Chernobyl su base locale. Eccola l’evoluzione: coincide la data del 2 maggio.

Dall’Ucraina settentrionale fin qui, dunque. Quando il reattore numero 4 dello stabilimento nucleare V.I. Lenin si scoperchiò durante un test, il mondo ha trattenuto il fiato. Probabilmente nessuno immaginava quanto sarebbe accaduto dopo, anche a migliaia di chilometri di distanza.

C’è un documento che, ancora, rende chiaro quanto accadde: è la perizia consegnata dai consulenti della Procura di Lecce sulla possibile contaminazione, poi esclusa, da Uranio impoverito nel poligono di Torre Veneri. Poco più di un rigo, ma fuga ogni dubbio: “è stata riscontrata, limitatamente alle sabbie, la presenza di cesio-137, proveniente dalle ricadute dei test nucleari condotti negli anni ’60 e dall’incidente di Chernobyl”. Quali siano stati gli effetti sulla salute non è dato saperlo. Uno studio presentato ad un meeting del 1987 della American Nuclear Society ha stimato, per l’Italia, con riferimento ai soli primi due mesi, una dose individuale media di radioattività assorbita dai cittadini oscillante dai 90 ai 500 microSiviert (mSv). Calcolando che 20 mSv è la dose di una radiografia del torace, è come se ognuno fosse stato sottoposto a un numero che varia da 4 a 25 radiografie, tutte indebitamente ricevute.

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