Cronaca

Xylella, il Tar schiaffeggia Bruxelles: “Ecco cosa avrebbe dovuto fare la commissione Ue”

LECCE- Non è un semplice rinvio alla Corte di Giustizia dell’Ue quello fatto dal Tar Lazio sulla questione Xylella. L’ordinanza di rimessione è durissima contro Bruxelles e i giudici amministrativi spiegano cosa, a loro avviso, la Commissione europea avrebbe dovuto fare e non ha fatto.
Non solo avrebbe emesso una decisione di esecuzione, quella del 18 maggio da cui è dipesa l’intera strategia di lotta al batterio, non conforme alla direttiva madre del 2000 in cui trova fondamento e nella quale “non si rinvengono norme che impongano l’eradicazione” di piante sane in un determinato raggio da quelle malate. Il contrario, insomma, rispetto a quanto stabilito con la misura di estirpazione di tutti gli ulivi nel raggio di cento metri da risultati quelli infetti, ciò che, a Torchiarolo, ad esempio, avrebbe portato a radere al suolo 120 ettari a fronte di 40 alberi su cui era dimostrata la presenza di Xylella.

Ma c’è di più. Non sarebbe stato rispettato, innanzitutto, il principio di proporzionalità, ciò che avrebbe “richiesto alla Commissione la rappresentazione di tutte le misure alternative possibili per poi scegliere motivatamente, tra di esse, quella idonea al raggiungimento dello scopo con il minor sacrificio, essendo oltretutto in gioco valori fondamentali (come la salute, l’ambiente, il paesaggio)”. Invece, la Decisione di esecuzione di maggio “non prospetta, nella propria motivazione, alcuna alternativa rispetto alla radicale misura” del taglio delle piante, ritenuta così “drastica” da profilarsi “in contrasto anche con il principio di precauzione” contenuto nei Trattati europei.

In quest’ottica, secondo il Tar, “la Commissione prima di imporre allo Stato membro un intervento puntuale, dettagliato e senza margini di discrezionalità, non ha fatto né ha richiesto allo Stato medesimo di effettuare una valutazione complessiva” degli impatti ambientali ed economici. Anzi, “alla base della decisione di esecuzione, non solo non si rinvengono dati scientifici aventi grado di certezza e idonei a supportare le scelte della Commissione, ma neanche ‘la valutazione del rischio e delle conseguenze potenziali dell’assenza di azione’”.

La decisione di esecuzione “si presenta altresì lacunosa nella motivazione – scrivono i giudici – non contenendo una qualsivoglia indicazione in ordine all’avvenuta valutazione, da parte della Commissione, della necessaria proporzione tra gli interventi imposti e l’impatto ambientale, paesaggistico, economico- sociale e culturale che tali interventi avrebbero comportano nel territorio” e “né viene dimostrata e motivata la proporzione delle misure fitosanitarie adottate rispetto agli obbiettivi dichiarati”.

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