Cronaca

Xylella, gli attivisti: “Vogliono intimorirci, le 35 denunce non ci fermeranno”

SAN PIETRO VERNOTICO-  Le trentacinque segnalazioni giunte alla Procura di Brindisi dopo il blocco ferroviario di San Pietro Vernotico non fermano gli agricoltori e gli attivisti che contestano l’applicazione del Piano Silletti: “Ce l’aspettavamo ma non molleremo e andremo avanti comunque”, dice Alberto Argentieri, olivicoltore e membro del comitato Popolo degli ulivi fronte salentino. Anzi, le azioni continuano: in mattinata è stato bloccato, in contrada Piutri, a Torchiarolo, l’abbattimento di un altro ulivo, che il proprietario avrebbe dovuto sradicare dopo aver ricevuto la notifica del provvedimento.  Nell’informativa spedita dalla Digos al procuratore capo di Brindisi, Marco Dinapoli, titolare del fascicolo, ci sono i nomi di 35 persone che nel pomeriggio del 10 novembre e fino a sera hanno occupato i binari: su di loro pende ora l’accusa di interruzione di pubblico servizio e di aver omesso di avvertire le autorità competenti della manifestazione, provocando un danno ai passeggeri e alle Ferrovie dello Stato. Circa quaranta treni, tra regionali e a lunga percorrenza, hanno subito disagi quel giorno e fino alla mattina successiva.

Molti di quei denunciati provengono dalla provincia di Lecce. Identificate anche cinque persone che erano già state denunciate per aver lanciato bombe carta presso il Centro di identificazione ed espulsione di Restinco (Brindisi), nelle scorse settimane. Ma questa è un’altra storia: nella stazione di San Pietro Vernotico non c’erano armi, solo cori e striscioni. Lo racconta chi c’era, come Luigi Russo, presidente del Csv Salento: “Ero lì quella sera, ho parlato con tutti, anche con i poliziotti e con il personale della Prefettura e senatori e deputati di maggioranza e opposizione, ma non ho notato assassini, corruttori e corrotti, spacciatori di armi e di droga, mafiosi, terroristi. Niente armi, niente biglie, niente bombe carta”. Si rivendica il fatto che la protesta è stata pacifica: “Rispondono con la repressione alla nostra domanda di democrazia – dice qualcun altro – e se sono arrivati a questo, significa che ci temono! E hanno ragione! Ma se pensano di fermarci con le denunce, hanno sbagliato di grosso!”.

In campo scende anche la Rete territoriale dei conflitti, “parte integrante del movimento che da tempo agisce in modo unitario in nome del POPOLO DEGLI ULIVI” e per la quale la notizia delle denunce “non disincentiverà la lotta e la richiesta di verità e trasparenza”.“Diranno: «Ma i treni non si bloccano». E cos’altro si deve fare, per impedire uno scempio ingiustificato, condotto con mezzi spropositati, in base a ragioni che non convincono, e sistemi che generano legittimi sospetti?”, se lo chiede Pino Aprile, scrittore e autore di “Terroni”, che aggiunge: “avete contato male: eravamo 36. Anzi, se tendete l’orecchio, sentirete che già qualcuno sta accorrendo per dire: non 36, ma 37, c’ero anch’io; non 37, ma 38, c’ero anch’io. C’era la Puglia, lì, anche quella passata (chi credete che abbia piantato quegli ulivi?)”.

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