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Rifiuti ed erbacce, il Parco delle Veneri ancora in abbandono

PARABITA- Anni di abbandono, di erbacce, di cancelli chiusi. Da queste immagini, girate nel luglio 2011, ad oggi nulla è cambiato: il Parco delle Veneri di Parabita continua a scivolare nel degrado. A iniziare a ripulirlo, in mattinata, hanno provveduto gli attivisti del gruppo “gli amici del parco archeologico”, movimento nato dal basso e che ha chiamato a raccolta decine di volontari.
Lo slogan è chiaro: “Io mia madre non la lascio sola”, con chiara allusione all’immagine delle statuette simbolo della fertilità, come spiega Marco Cataldo, tra gli organizzatori oltre ad essere consigliere comunale di opposizione.

L’allestimento dei percorsi che si snodano per due chilometri è costato, nel 2009, la bellezza di 800 mila euro di fondi del Pis 14. Soldi pubblici mandati al macero, visto che, a conti fatti, quella che doveva essere la culla per eccellenza del paleolitico salentino è scivolata nell’incuria e nella non gestione.

“In settimana – assicura il sindaco Alfredo Cacciapaglia – valuteremo, sicuramente in maniera positiva, la proposta che ci è giunta da un’associazione di giovani che ha chiesto di prendere in affidamento l’area per il periodo estivo. La volontà politica è quella di darla in gestione”. Nient’altro sulla prospettiva e su come programmare e rendere sostenibile la fruizione tutto l’anno di un bene straordinario come questo.

Finora è annegato nel contenzioso, poi risolto, con i proprietari dei terreni espropriati e, dall’altro lato, in quello con la ditta che ha eseguito i lavori: la transazione con il Comune è sfumata e ora sulla somma contestata, che ammonta a circa 95 mila euro, è in piedi un procedimento civile.

Nelle more del pronunciamento del tribunale, però, sulla serra di Parabita ha continuato – e per adesso continua – a rimanere l’amnesia. Eppure, questo è il luogo che ospita la grotta in cui nel 1955 vennero ritrovate le famose statuette delle Veneri, ora nel museo di Taranto, oltre a 18mila reperti portati via con cassoni verso l’Università di Pisa, che aveva condotto gli scavi. Dalla Toscana quei beni hanno fatto ritorno nei giorni scorsi a Lecce, custoditi dall’Università del Salento che provvederà alla loro catalogazione. Una “vittoria” decantata da molti. La sconfitta vera, però, continua a rimanere in quei cancelli sbarrati.

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