LECCE – Una salentina su otto si ammala di tumore al seno. Un dramma che, nel giro di appena 40 anni, ha visto quadruplicare il numero delle donne colpite in provincia di Lecce, con picchi che superano e di molto la media, già compromessa, della Regione Puglia.
È tutto lì, evidente nella curva che si innalza in maniera continua e che segue quella dell’Italia, dove ogni ora quattro donne scoprono di avere il cancro alla mammella.
È la Lilt di Lecce a fornire il quadro, nella rivista che anticipa il mese del nastro rosa sulla prevenzione. Una ricerca che lascia senza fiato e che riprende lo studio dell’Associazione Italiana Registri Tumori, incrociando dati dell’Istituto Superiore di Sanità e dati Istat. Sono questi ultimi, in particolare, a dire che qui “si è registrato un incremento di decessi : dai 115 del 1990, si è passati ai 150 del 2008”.
Certo, i dati dell’Osservatorio Epidemiologico della Regione Puglia, aggiornati per ora al 2005, erano ancor più preoccupanti : nel 2004, infatti, si erano avuti 162 decessi. Ma “il tasso grezzo – spiegano dalla Lilt – è superiore anche a quello regionale pugliese”. E questo non fa che assottigliare il divario che vede il nord morire di più rispetto al meridione. Nel 2007, infatti il tasso di mortalità per tumori al seno, calcolato su un campione di 10.000 donne in provincia di Lecce, era quasi pari a quello nazionale: 3,8 contro quello italiano di 3,9. nel 1990 era di molto inferiore, pari a 2,7 contro il 3,7 nazionale.
Insomma, la malattia qui galoppa e galoppa molto di più rispetto al resto del territorio regionale, dove pure solo nel 2008 si sono registrati 723 decessi per carcinoma mammario, 200 in più rispetto a 18 anni prima. L’85% delle donne, a cinque anni dalla diagnosi, riesce a sopravvivere, grazie anche al miglioramento delle cure. Tuttavia, resta il nodo prevenzione, soprattutto quella primaria dagli agenti inquinanti. Se più donne guariscono, ancora di più, infatti, continuano ad ammalarsi.
Le donne che hanno una storia di tumore al seno, il dato cioè della prevalenza, erano appena 1690 nel 1970. Oggi sono oltre 20mila in Puglia, che ha una media superiore di 2 punti percentuali rispetto al resto d’Italia.
“Ma per non fermare l’analisi scientifica ai trionfalismi della medicina che cura e che salva, siamo andati oltre – spiega la Psiconcologa Marianna Burlando – abbiamo voluto far emergere i costi materiali, morali ed emotivi delle 400mila donne italiane che combattono, oltre che la malattia, anche i pregiudizi, l’isolamento sociale, l’impoverimento economico, le crisi familiari e gli abbandoni coniugali. Una cruda realtà per le donne e l’istituzione latita su tali disagi e tali problemi”.
Ci sono i costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale e che in media, per intervento chirurgico, sedute di radioterapia, cicli di chemioterapia e controlli, si aggirano intorno ai 15.558 euro, cifre tarate dalla Lilt nazionale su quelle che si riscontrano nella sanità pubblica lombarda. Il 14% del totale delle spese mediche, però, è a pagamento e si spendono all’incirca 473 euro per visite specialistiche, 537 per esami vari, 309 euro per fisioterapia e riabilitazione, 269 euro per farmaci, 3.688 euro per la chirurgia ricostruttiva e mastoplastica. A carico delle pazienti, poi, è l’80% dei presidi sanitari, tra cui le parrucche (in media 336 euro) e le protesi mobili o reggiseni speciali (194 euro). Le spese per la gestione familiare per colf, badanti, baby sitter, calcolate su un periodo medio di due anni e mezzo, sono pari almeno a 1.527 euro. Le sempre più frequenti trasferte pesano, invece, sui portafogli familiari, almeno 668 euro.
Di mezzo c’è, poi, il business del superfluo, da quello legato alla cosmetica a quello dei controlli intensivi spesso controproducenti. Un pezzo di economia che si regge sul malessere psicologico delle persone colpite. C’è un altro dato, eloquente nella sua drammaticità, a fornire un’ulteriore spia del risvolto sociale del cancro al seno. Quasi una donna su due, il 47% del totale, ha dichiarato di aver subito una riduzione del reddito da lavoro tra il 10 e il 40%. Ecco perché ad ognuna la malattia costa tra i 24.822 e i 28.523 euro e non tutte ce la fanno.
“Tacere gli handicap, le invalidità, le perdite è omissione di verità, è mascheramento della realtà – incalza la Burlando -. E’ pubblicità ingannevole, spesso attuata ad arte con la complicità di volti femminili noti, di donne passate attraverso la malattia che, da testimonial mediatiche quali sono, rincarano il messaggio che dal tumore si esce meglio di prima. Il risultato è che si finisce per perpetuare il dominio dei poteri forti, come i mezzi di comunicazione, la ricerca delle cure e non per prevenire la malattia, l’economia della spesa sanitaria. E questi compaiono, guarda caso, solo dove girano gli interessi”.
Ecco perché prevenire, a qualcuno, non conviene affatto.