Cronaca

Patù-Tricase, ecco l’inferno dei rifiuti

TRICASE- Riprendono gli scavi ordinati dalla Procura e il Capo di Leuca si trasforma d’un tratto nell’inferno dei rifiuti. Mezzi in azione in contemporanea a Tricase, nella vecchia discarica Rsu in contrada Matine, e a Patù, nel giardino di una villetta, in contrada Pozzo Volito. Due inchieste parallelel, coordinate dal pm Valeria Mignone, una portata avanti dalla Guardia di Finanza di Maglie e l’altra dai carabinieri del Noe di Lecce. Il risultato è lo stesso: gli scarti industriali sotterrati da vent’anni non sono fantasia, ci sono tutti.

La situazione, a Tricase, a pochi passi dalla cripta del Gonfalone, appare agli investigatori ancora più grave di Alessano, dove pure un’altra discarica, un paio di chilometri più in là, è finita sotto sequestro.

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In base ad una prima stima, ammontano a diverse tonnellate i quantitativi di rifiuti tirati fuori e che lì proprio non potevano starci, essendo stata quella discarica autorizzata dal Comune di Tricase per accogliere solo spazzatura delle civili abitazioni. Le esalazioni pungenti e anche ciò che appare a prima vista paiono confermare che si tratti di molto altro: pellami soprattutto, trattati con agenti chimici, ma il sospetto è che ci siano pure rifiuti ospedalieri, motivo per il quale è stata richiesta la presenza di un tecnico.

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Vastissima l’area, un’ex cava totalmente infarcita e sulla quale, al pari di Alessano, è previsto il passaggio della nuova statale 275.

A Patù, nel canalone di Pozzo Volito, la ruspa ha iniziato a scavare di buon’ora all’interno del giardino di un’abitazione privata. Le segnalazioni erano state precise, mirate, minuziose. Fino alle 12.30 non è stato trovato nulla, solo terra e pietre. Poi, a destra dell’ingresso, la conferma ai sospetti: buste di plastica lacerate e contenenti pellame.

Ecco le immagini degli scarti di Patù:

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Il dislivello nel canalone tradisce la presenza di altro materiale della stessa natura. E’ così che il miracolo economico dell’industria calzaturiera degli anni ’80 e ’90 ha trasformato il Capo di Leuca in una inquietante bomba ecologica.

 

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