LECCE – Abbiamo festeggiato con lui il 25esimo anniversario di matrimonio, due anni fa, quando lottava da solo per riavere il suo lavoro. Il sig. Franchino è diventato il simbolo del disagio e della rabbia dei pescatori fermi da otto anni, in attesa che venga “liberata” e riconsegnata loro la darsena di San Cataldo. Cosa è cambiato da allora?
La storia è lunga e parte da lontano, appunto otto anni fa. Proviamo a riassumerla brevemente: allora si decise di avviare un progetto, a partecipazione pubblico-privata, per creare un porticciolo turistico nella marina leccese. Con il governo Monti, l’interesse del privato decadde e, per non perdere i finanziamenti regionali, l’amministrazione Perrone decise di recuperarne il 50 per cento, circa 3 milioni, procedendo con un progetto di recupero della darsena.
Nel 2016, si aggiudicò la gara Igeco; l’anno dopo, il cantiere fu consegnato alla ditta che però, nel 2018, fu colpita da interdittiva antimafia. L’amministrazione Salvemini consegnò dunque il cantiere nelle mani della seconda ditta in graduatoria, la La Valle.
Ma si è ancora fermi. Il problema principale è quello delle alghe che ostuiscono la darsena, servono le autorizzazioni per lo smaltimento, per cui sono stati reperiti altri 550mila euro. In parte dovrebbero essere rigettate in mare e in parte usate per il ripascimento dunale. Ma servono le autorizzazione regionali.
Tant’è: Franchino è un padre di famiglia che non lavora da otto anni. Otto anni in cui ha accumulato frustrazione e rabbia. Per martedì, il consigliere comunale di opposizione Gianpaolo Scorrano ha convocato la commissione Controllo per tornare a parlare della darsena. Il nuovo assessore ai Lavori Pubblici Marco Nuzzaci ha fissato un incontro con il sig. Franchino.
