BARI – Chiedeva soldi ai pazienti malati di cancro per visite e ricoveri, e per accelerare le pratiche burocratiche. Per Vito Lorusso, l’ex primario di oncologia medica dell’istituto tumori Giovanni Paolo II di Bari, arrestato a luglio scorso con le accuse di peculato e concussione, la giudice per l’udienza preliminare di Bari, Paola Angela De Santis, ha ratificato il patteggiamento alla pena di cinque anni di reclusione.
Lorusso, ai domiciliari per questa vicenda ma poi tornato in libertà, è stato arrestato di nuovo il 26 febbraio scorso nell’inchiesta sul voto di scambio politico-mafioso a Bari, che ha portato all’arresto di 130 persone. Tra queste la figlia dell’ex primario, Maria Carmen Lorusso (all’epoca dei fatti consigliera comunale a Bari) e il genero Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale. In quest’ultima indagine Vito Lorusso, per favorire l’elezione della figlia, avrebbe stretto un accordo con Massimo Parisi, fratello del boss Savinuccio: in cambio di voti avrebbe curato un nipote del capoclan, poi deceduto.
La giudice De Santis ha disposto per Lorusso l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e l’interdizione legale per tutta la durata della pena. Lo ha anche condannato a pagare le spese legali alle parti civili, tra cui la Regione Puglia, l’istituto tumori di Bari (che ha chiesto alla Corte dei Conti un provvedimento di condanna di quasi 800mila euro nei confronti dell’ex primario, per danno di immagine) e l’Ordine dei medici. Secondo l’accusa, Lorusso aveva creato una “situazione di sudditanza psicologica” nelle persone che assisteva, denigrando “costantemente il Servizio sanitario nazionale nonché i suoi stessi colleghi” per spingere i malati di tumore a pagare somme non dovute, pur di farsi seguire da lui e di evitare lunghe attese.
