La giustizia ha presentato il conto al clan Lamendola-Cantanna di Mesagne nell’ambito del processo scaturito dall’operazione che, il 18 luglio 2023, ha portato allo smantellamento di un sodalizio criminale radicato nel territorio. Il gup Alcide Maritati ha inflitto pesanti condanne ai principali esponenti del clan.
Il presunto boss Gianluca Amendola, 36 anni, originario di Mesagne e residente a Brindisi, è stato condannato a 20 anni di reclusione, stessa pena inflitta a Cosimo Lamendola (52 anni, di Brindisi), Adriano De Iaco (34 anni, di San Vito dei Normanni) e Domenico Fanizza (42 anni, di Fasano).
Un altro capitolo riguarda Pancrazio Carrino, 42enne di San Pancrazio Salentino, condannato a 12 anni e 4 mesi di reclusione per le minacce rivolte alla pm Carmen Ruggiero, coordinatrice delle indagini, e alla gip Francesca Mariano, firmataria dell’ordinanza che dispose la custodia cautelare in carcere. Entrambe le magistrate sono finite sotto scorta a seguito di ripetute intimidazioni.
Carrino, fingendo un pentimento, nell’agosto del 2024 consegnò agli agenti di polizia penitenziaria un biglietto con un chiaro messaggio di minaccia per la giudice Mariano: “Non finisce qui”. Nei mesi successivi, le intimidazioni si sono fatte ancora più gravi, con lettere minatorie contenenti riferimenti satanici. L’episodio più inquietante si è verificato nel febbraio del 2024, quando sotto la porta dell’abitazione della gip venne abbandonata una testa di capretto mozzata, tagliata in due, accompagnata da un coltello e da un messaggio intimidatorio.
L’operazione portò alla luce un vasto giro di droga, tentati omicidi e atti di violenza privata. Le attività criminali si svolgevano principalmente nei comuni di Brindisi, Fasano, Latiano, San Pancrazio Salentino e, in particolare, a San Vito dei Normanni. Nessuno dei comuni coinvolti nel blitz ha scelto di costituirsi contro il clan, lasciando all’associazione Libera l’unico ruolo di parte civile nel procedimento.