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Omicidio di Silvano Nestola: è il giorno della sentenza

COPERTINO – È la sera del 3 maggio 2021. Silvano Nestola, 45 anni, carabiniere in quiescenza, esce dalla villetta della sorella (alla periferia di Coperino) dove aveva cenato.

Mentre raggiunge l’auto per fare rientro a casa insieme al figlio di 12 anni, qualcuno – nascosto dietro ad una siepe – lo sta aspettando, impugnando un fucile da caccia. Un agguato che si rivelerà fatale.

Silvano Nestola
Silvano Nestola

Più di 40 lesioni: questo accerterà l’autopsia. Quattro le cartucce scaricate contro la vittima da una distanza stimata in circa 15 metri – aggiungeranno gli inquirenti – accertando anche che Silvano è andato incontro all’assassino che sparava, per tentare – come ha fatto – di trarre in salvo il figlioletto, al quale ha subito urlato “corri a casa”.

Le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo del Comando Provinciale di Lecce, da quel momento, procedono a tambur battente: si scava nella vita di Nestola, si ascoltano le persone a lui vicine e poi l’analisi certosina delle telecamere di videosorveglianza, le osservazioni, le intercettazioni ambientali. Il 29 ottobre il cerchio si stringe intorno a quello che sarà l’unico indagato: Michele Aportone, 70 anni di San Donaci, padre di Elisabetta Aportone, la donna con cui Silvano (divorziato) aveva intrapreso una relazione.

Secondo le indagini – coordinate dai pm Paola Guglielmi e Alberto Santacatterina e dal Procuratore De Castris – il movente del cruento assassinio nasce proprio da quel rapporto con Elisabetta, che ai genitori di lei proprio non andava giù. A loro avviso quella frequentazione impediva alla figlia di riappacificarsi con l’ex marito, con il quale aveva un figlio. Per monitorare gli incontri tra Elisabetta e Silvano, Aportone aveva personalmente istallato un gps sull’auto della figlia.

La madre di Elisabetta, Rossella Manieri, lo aveva fatto presente personalmente a Silvano: gli aveva detto di lasciare in pace la figlia, per la sua stessa serenità. Inizialmente indagata per concorso in omicidio, la sua posizione è stata stralciata durante il processo.

Sono state intercettazioni, telecamere, sopralluoghi e accertamenti balistici a ricostruire quella tragica sera: Aportone – si legge nelle carte dell’inchiesta – ha percorso la strada per raggiungere Silvano dapprima con un furgoncino bianco, poi a bordo di uno scooter, del quale si è disfatto nelle ore successive, facendolo a pezzi e dandogli fuoco.

L’avvocato Francesca Conte – legale difensore di Aportone – ha sempre sostenuto l’innocenza del suo assistito, parlando di “processo indiziario, privo di prove”: qui “si scambia – ha rimarcato testualmente – un padre premuroso e preoccupato per una figlia fragile che in passato ha già tentato il suicidio, per un assassino”.

Il Pubblico Ministero Santaccaterina per l’uomo ha invocato la massima pena, sottolineando – davanti alla Corte d’Assise presieduta dal Giudice Baffa – l’efferatezza dell’omicidio, contestandone anche la premeditazione e i motivi futili e abietti.

La lettura della sentenza è prevista in mattinata nell’aula bunker del carcere di Lecce.

E.Fio

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