Cronaca

L’omicidio di Natale Bathijari: nelle intercettazioni la violenza, le suppliche e l’umiliazione

MANDURIA/LECCE – “Non mi sporcare la macchina di sangue“, “stai zitto, negli occhi mi devi guardare, ti uccido per quello che hai fatto a mia madre, pezzo di m*** , che c’entrava che sparavi alla macchina di mia madre per mio nonno?”.

Sono le intercettazioni ambientali a restituire tutta la violenza dell’omicidio di Natale Naser Bathijari, il 21enne rom del Campo sosta Panareo a Lecce assassinato a Manduria la notte del 22 febbraio scorso per uno sgarro legato allo scambio di droga.

Le intercettazioni restituiscono i dialoghi intrattenuti in quella terribile serata tra la vittima e i tre soggetti ritenuti i suoi assassini e attualmente ristretti in carcere: si tratta del 20enne Vincenzo d’Amicis (nipote del noto boss Vincenzo Stranieri, alias “Stellina”) e i 23enni Domenico D’oria Palma e Simone Dinoi, presunti affiliati al clan Stranieri.

Usciti dal bar in cui è avvenuto il pestaggio, in centro a Manduria, i tre scortano Natale Bathijari in auto, già gravemente ferito e dolorante.

Raggiunta una zona nascosta in periferia, i tre trascinano il 21enne fuori dall’auto ed è il nipote di Stellina ad accanirsi sul giovane già esausto e implorante. “Vieni che non ti faccio nulla” gli dice inizialmente, mentre la vittima supplica di mettere via il coltello. Poi i toni cambiano e inizia l’accanimento sul giovane già malandato e incapace di reggersi in piedi, come più volte gli viene invece chiesto di fare proprio per umiliarlo ed acuirne la sofferenza.

Ti lascio lo sfregio a vita ..io per la famiglia mia…ti scanno tutto infame” gli dice. Poi giù di calci e pugni.

Esalato l’ultimo respiro, vittima di tanta ferocia, Natale Naser viene caricato in auto per poi essere abbandonato nei pressi del cavalcavia dove sarà ritrovato da un ciclista di passaggio il giorno dopo.

Andiamoci a prendere la fidanzata..che quella pure è animale…la dobbiamo uccidere” dice a quel punto agli altri il nipote del Boss. Ma i due complici si oppongono: “ti vuoi fare 30 anni? – gli dicono – le femmine si devono lasciare perdere“.

Sarà il loro diniego, dunque, a graziare la fidanzata e la cognata della vittima: le due ragazze lo avevano accompagnato fino a Manduria, essendo lui sprovvisto di patente. Nel piano originario anche loro da Manduria non avrebbero più dovuto fare ritorno.

E.Fio

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