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Donazione del cordone: il gesto che può salvare una vita in Puglia non decolla

BARI – La Puglia arranca nella donazione del sangue da cordone ombelicale. Talmente tanto da essere molto lontana dall’obiettivo raccomandato nel 2007 dal Centro Nazionale Sangue. Bisognava raggiungere almeno il 10% delle raccolte sul numero di parti. E invece, ad oggi, qui si raccoglie a malapena l’1%.

E il dettaglio dei punti nascita non consegna al Salento alcun incoraggiamento. Lecce, ha raccolto il cordone nello 0,5% dei parti, Tricase non supera lo 0,7%, Taranto non va oltre lo 0,5% e Brindisi lo 0,6%. Pochissimo, praticamente nulla. E questo è grave se si pensa che quel cordone, una volta tagliato, va gettato e invece potrebbe curare molte malattie, anche gravissime.

La situazione pugliese è emersa durante l’ultima seduta del Consiglio regionale quando, con un emendamento proposto dal gruppo Azione, tutti i ginecologi delle strutture pubbliche pugliesi, abilitate alla raccolta del sangue cordonale, da ora saranno obbligati a proporre ai genitori la donazione e a inserire nella cartella clinica il documento di accettazione o rifiuto.

La Banca cordonale pugliese è nata nel 2007, con un finanziamento da 1 milione e 400mila euro ed è divenuta operativa nel 2008. Quasi tutti i punti nascita della Puglia sono abilitati alla raccolta, ma i dati ci dicono, come detto, che non avviene praticamente mai. E negli anni è andata sempre peggio. Nel 2021 si sono registrate 329 unità raccolte a fronte di 19 unità bancate. Un crollo vertiginoso se raffrontato alle 2451 unità raccolte nel 2009.

La Banca Cordonale istituita nell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza a San Giovanni Rotondo addebita la causa della drastica riduzione non solo al covid, ma alla “demotivazione del personale ostretico – si legge in una relazione inviata alla Commissione che si occupò del caso -, alle carenze organizzative dei punti nascita e riduzione del personale in sala parto, con elevato turn-over del personale stesso e, non ultimo, “alla assoluta mancanza di coinvolgimento dei ginecologi”. Di qui l’obbligo per legge.

Ma si diceva che quel patrimonio di staminali che, se non raccolto viene buttato via, è importantissimo perché attraverso il trapianto è possibile ricostituire il midollo osseo gravemente danneggiato a causa di patologie o di una chemioterapia ad alte dosi. In questo modo è possibile curare pazienti affetti da leucemie, linfomi, immunodeficienze ereditarie e altre malatti.

Ma occorre raggiungere grandi numeri perché non tutte le unità raccolte risultano idonee al trapianto, in quanto le unità bancate devono rispettare criteri di qualità (cellularità superiore al miliardo e 200 milioni di cellule) e sicurezza. Con le cellule non adatte al trapianto, la Banca cordonale pugliese produce un gel piastrinico utilizzato per la cura di ulcere di varia natura, soprattutto quelle del piede diabetico ma anche ulcere corneali.

In Puglia 23 raccolte sono diventate trapianti, per dieci di loro la malattia è in completa regressione. Sono state mandate in Italia, in America, in Israele, in Olanda, in Francia, in Inghilterra, Danimarca e Spagna. L’80% sono bambini.

 

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