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Tra moglie e marito non mettere l’interdittiva: il Tar Lecce la annulla

LECCE- Illegittima l’interdittiva antimafia emanata dal Prefetto di Brindisi a carico di un’impresa di Carovigno operante nel settore turistico per presunti condizionamenti mafiosi.

La motivazione dell’interdittiva era riferita alla circostanza che la titolare dell’azienda, immune da qualsiasi contestazione, aveva contratto matrimonio con una persona che nel passato (oltre un decennio) era stato gravato da alcune condanne penali (anche di stampo mafioso). Il TAR Lecce (Pres. D’Arpe e Rel. Gallone), accogliendo le tesi difensive svolte dall’Avv. Pietro Quinto, ha affermato alcuni principi di diritto di particolare rilevanza estensibili a situazioni analoghe avuto riguardo alla diffusione dei provvedimenti interdittivi nelle province di Lecce e Brindisi.

Il TAR, dopo aver rilevato che il solo rapporto parentale non è sufficiente per l’emanazione di una interdittiva nei riguardi del proprietario e titolare di un’azienda, ha ricordato che è necessario un riscontro nell’attualità per dimostrare la persistenza della pericolosità sociale del soggetto pluricondannato.

L’Avv. Quinto ha evidenziato l’inesistenza di tale circostanza ed ha fornito la prova del reinserimento sociale della persona in questione. «Venuto meno tale presupposto – ha sottolineato l’Avv. Quinto negli scritti difensivi e nel corso della discussione orale, vale il principio di diritto che l’interdittiva antimafia deve essere sempre assistita da una congrua motivazione, che dia contezza di un’adeguata istruttoria, da svolgersi certamente con ampiezza di potere, ma anche con limiti logici. Sicchè essa deve fondarsi su elementi attuali e pertinenti, dai quali sia ragionevolmente desumibile un tentativo di ingerenza della criminalità organizzata nella compagine sociale, non potendo essa fare riferimento a fatti remoti, privi di attualità».

La sentenza del TAR Lecce – ha sottolineato l’Avv. Quinto – costituisce il superamento di una presunzione assoluta, che molto spesso viene posta a fondamento della interdittiva antimafia, secondo un ragionamento ed un principio estremamente discutibili del cd. “più probabile che non”. A siffatta presunzione assoluta deve accompagnarsi un riscontro in termini obiettivi, a tutela non solo dell’interesse pubblico ma anche di quello imprenditoriale.

 

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