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Usura, estorsioni, droga, voto di scambio: il ritorno e la decapitazione del clan. 15 arresti

SALENTO – 416 bis: il clan Coluccia rialza la testa e viene decapitato. Di nuovo.

All’alba, i carabinieri hanno eseguito un provvedimento di custodia cautelare emesso dal GIP del Tribunale di Lecce nei confronti di 15 soggetti – 11 in carcere e 4 agli arresti domiciliari-. L’ipotesi di reato è dell’associazione di tipo mafioso, con l’egemonia criminale nei territori di Galatina, Aradeo, Neviano, Cutrofiano e Corigliano d’Otranto. Usura, estorsioni, violenza privata, armi, spaccio, e anche, per alcuni, scambio elettorale politico-mafioso.

L’indagine è dei Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Lecce, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia, dalla primavera del 2019 fino all’inizio del 2021.

Gli arrestati indagati per associazione mafiosa: Michele e Antonio Coluccia, di Noha; Antonio Bianco, detto “Stella” o “Biondo”, di Neviano; Marco Calò, detto “Uzzaru”, di Aradeo; Gerardo Dino Coluccia, di Noha ma residente a Cutrofiano; Silvio Coluccia, di Aradeo; Luigi Di Gesù, detto “Pica”, di Cutrofiano; Alì Farhangi, di origini iraniane e residente a Giorgilorio, Surbo; Nicola Giangreco di Aradeo; Renato Puce, di Corigliano d’Otranto; Cosimo Tarantini di Neviano.

Gli altri, indagati a vario titolo: Pasquale Anthoni Coluccia, di Galatina; Vitangelo Campeggio, detto “Diego”, residente a Lecce; Antonio Megha, già sindaco di Neviano; Sergio Taurino, di Lecce.

L’accusa, per i primi 11 per i quali è scattata la detenzione in carcere, è di aver fatto parte della “Sacra corona unita”. Per gli inqwuirenti, erano soliti usare le modalità mafiose in vari settori per acquisire il controllo del territorio nelle attivita illecite e anche lecite. In primis, controllando lo spaccio di sostanze stupefacenti nei territori assoggettati al clan, imponendo i loro canali di approvvigionamento della droga e la pretesa del pagamento del cosiddetto ”punta ” da parte degli spacciatori; poi le estorsioni, l’usura materialmente praticata; e, si diceva, la lunga mano del clan si estendeva anche nelle attivita lecite relative alla fornitura di energia elettrica e del gas nel mercato libero, nella stipula di polizze assicurative, nel settore delle scuole-guida e in quello delle aste giudiziarie. Con l’aggravante di essere quste attività esercitate per agevolare l’associazione criminale, per affermarne la forza di intimidazione e realizzare il clima di omertà e di soggezione, sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione stessa, con violenze e minacce dirette anche a persone appartenenti alla stessa o ad altre organizzazioni, i cui introiti confluivano poi nella cassa comune utilizzata anche per il sostentamento dei sodali detenuti, e per acquisire il controllo di centri di potere politico-amministrativo attraverso il voto di scambio.

I ruoli all’interno dell’organizzazione delineati dall’articolata indagine.

Michele Coluccia: capo e promotore (gia condannato con sentenza irrevocabile al 416 bis, ritornato in libertà a dicembre 2015), esercitava il potere direttivo in ordine alla ripartizione del territorio e all’ individuazione dei referenti di zona; gestiva la cassa comune, si occupava del mantenimento dei sodali detenuti, impartiva le direttive per l’attivita di usura, ordinava spedizioni punitive nei riguardi di coloro che, anche estranei all’associazione, non rispettavano le regole relative alla spartizione del territorio tra organizzazioni mafiose e nei riguardi dei debitori usurati che non provvedevano al pagamento dei loro debiti; stringeva accordi con esponenti delle locali amministrazioni per il tramite di suoi affiliati di fiducia, facendo così infiltrare l’associazione mafiosa nell’apparato politico- amministrativo, in particolare del comune di Aradeo;

il fratello Antonio Coluccia, capo e promotore, (pure lui già condannato per associazione mafiosa), tomato in libertà nel 2014. Insieme a Michele, impartiva le direttive in materia di ripartizione del controllo del territorio tra i referenti di zona affiliati all’associazione, esercitava un potere di direzione, promozione e controllo nell’esercizio di attivita economiche lecite, quali la stipula di contratti di fornitura di energia elettrica, di gas e di contratti assicurativi, che -con un’agenzia intestata alla figlia Francesca- imponeva ai vari clienti;

Luigi Di Gesù, gia condannato con sentenza irrevocabile per associazione di fipo mafioso, direttamente sottoposto a Michele COLUCCIA, ne eseguiva le direttive, procedeva alla riscossione dei proventi delle attivita illecite consegnandoli a lui, compiva azioni intimidatorie, punitive ed estorsive nei confronti di soggetti estranei all’ associazione, per la tutela degli interessi economici della stessa nei settori controllati e per consolidame la posizione di controllo del territorio, gestiva 1′ attivita di usura; Alì Farhangi, già condannato per associazione ti tipo mafioso con sentenza irrevocabile, è ritenuto dagli inquirenti uomo di fiducia e braccio destro di Michele COLUCCIA. Faceva da tramite nellee comunicazioni tra i capi Antonio e Michele, riceveva da questi le direttive da riportare ai vari componenti del gruppo,iInterveniva a protezione delle persone vicine al clan nel caso di compimento di azioni delittuose ai loro danni, fungeva da mediatore anche nei rapporti trail clan COLUCCIA e gli esponenti di altre frange della Sacra Corona Unita, partecipava alla gestione dell’attivita di usura, riscuoteva i proventi delle attivita illecite;

Cosimo Tarantini, ritenuto ilo referente del clan a Neviano, promuoveva e garantiva protezione alle attività economiche in cambio del pagamento del “pizzo” intervenendo a tutela degli interessi del clan e delle persone a questi vicine;

Renato Puce, referente del a Corigliano d’Otranto, garantiva il controllo del clan sulle varie attività illecite;

Gerardo Dino Coluccia, referente a Cutrofiano;

Antonio Bianco, già condannato con sentenza irrevocabile per associazione mafiosa, fino al Giugno 2003, referente del clan per il comune di Aradeo, gestiva anche i servizi di guardiania e parcheggio presso i locali commerciali;

Marco Calò, ritenuto appartenente alla frangia di Aradeo, sottoposto e uomo di fiducia di. ·· .. Bianco;

Nicola Giangreco, direttamente sottoposto a Michele Coluccia, fungeva da mediatore nei rapporti di questi con i partecipi della frangia di Aradeo e con esponenti degli apparati politico- amministrativi locali;

Silvio Coluccia, appartenente alla frangia di Aradeo, svolgeva secondo le direttive di Bianco l’attività di usura.

Pasquale Anthoni Coluccia, in concorso con Antonio, costringeva vari commercianti, tra cui i titolari di un ristorante, una stamperia, un autodemolitore, a stipulare contratti assicurativi o di fornitura di energia elettrica e di gas con l’agenzia Energy Only di Francesca Coluccia, prendendo una percentuale sui contratti stipulati.

E poi tantissimi episodi documentati dalle intercettazioni, di minacce di morte, botte, pistole puntate contro le vittime. E il voto di scambio: Antonio Megha, già assessore del Comune di Neviano, avrebbe accettato da Michele Coluccia, o meglio dall’intermediario Nicola Giangreco, la promessa di procacciare 50 voti per le elezioni amministrative del settembre del 2020 nel comune di Neviano in cambio di denaro e di un posto di lavoro per il figlio di Coluccia.

E ancora: il titolare di una scuola guida avrebbe stretto un patto criminoso con il clan, assumendo il figlio di uno dei Coluccia, consolidando così la sua posizione sul mercato in danno di un’altra agenzia concorrente; in cambio di questa “sponsorizzazione”, i relativi proventi dell’attività della scuola sarebbero confluiti, in parte, nelle casse dell’organizzazione criminale.

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