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Cadavere ritrovato in un compattatore dei rifiuti: è del 43enne scomparso da Taviano

TAVIANO – Una scena raccapricciante: il corpo di un uomo stritolato in un compattatore per la raccolta della carta. Ci sono pochi dubbi che si tratti del 43enne di Taviano, Andrea Ferrari, di cui non si hanno più notizie da tre giorni. Difficile stabilirlo a prima vista: il cadavere è irriconoscibile e per questo sui resti dell’uomo saranno effettuate indagini approfondite. Tuttavia, tutti gli indizi portano a lui e nel tardo pomeriggio il fratello e i genitori sono stati convocati in caserma dai carabinieri di Gallipoli.

La macabra scoperta è stata fatta nel primo pomeriggio, dopo l’attivazione del dispositivo di ricerca da parte della Prefettura di Lecce. Il coordinamento delle operazioni, affidato al Comando dei Vigili del Fuoco, con il supporto di tutti i partecipanti al tavolo (Forze dell’Ordine, Volontari di Protezione Civile del Coordinamento Provinciale, CRI), ha portato subito al ritrovamento della vettura di Ferrari, una Renault Clio grigia: era ferma, chiusa a chiave, nel parcheggio dell’Eurospin di Gallipoli, vicino lido San Giovanni. Un’intuizione dei vigili del fuoco ha fatto il resto: l’attenzione si è concentrata su un cassone compattatore utilizzato per pressare automaticamente grandi quantitativi di carta e cartone. Si tratta di press container solitamente utilizzati nella grande distribuzione organizzata e dotati di uno spintone che pressa la carta per ridurne il volume. Quello presente nel parcheggio era stato portato lì in mattinata alle 10. A quel punto, i vigili del fuoco hanno chiesto al direttore del supermercato di visionare il contenuto del precedente utilizzato nei giorni scorsi e ora in sosta presso l’azienda di Galatone addetta alla sostituzione. E lì è stato scoperto il cadavere.

Saranno le immagini delle telecamere di videosorveglianza presenti in zona a poter fornire maggiori dettagli e a ricostruire gli ultimi momenti di vita dell’uomo. Di certo c’è che l’ultimo contatto di Ferrari è stato una telefonata fatta alla madre alle 11 e mezza della sera del primo gennaio: “Sto al bar” (non si sa quale né di quale paese). Da quel momento, il buio. L’ultima cella agganciata dal suo smartphone lo posizionava quella sera all’ingresso di Gallipoli, arrivando proprio da Taviano.

Tanti ora i dubbi da sciogliere: la prima ipotesi, la più accreditata, è che il corpo fosse già nel cassone, privo di vita, quando il container è stato spostato in mattinata. Come ci sia finito lì, però, è un giallo, vista anche l’altezza del compattatore. Potrebbe essersi trattato di un suicidio. Oppure di un incidente. Oppure di un omicidio. Saranno i carabinieri della compagnia di Gallipoli a dover dare le risposte che al momento non ci sono.

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