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Campagne sempre più preda del cemento, l’allarme degli urbanisti

PUGLIA- Stavolta l’allarme non è lanciato solo dal mondo ambientalista ma anche dall’Istituto nazionale urbanistica Puglia: le campagne rischiano di essere ancora una volta fagocitate da un’ondata di cemento. È l’effetto che si prepara dopo l’approvazione, il 9 novembre scorso in Consiglio regionale – lo stesso che ha dato il via libera al nuovo piano caso -, della variazione alla disciplina delle norme urbanistiche in vigore: è stato innalzato l’indice di fabbricabilità fondiaria per gli annessi agricoli portandolo a 0,1 mc/mq. E questo in modo generalizzato e in assenza di specifiche analisi geostatistiche né di alcuna verifica di eventuale numero di pratiche ferme in attesa di autorizzazioni edilizie e/o paesaggistiche. “Per chi non ha esperienza in questa materia potrebbe essere un numero che non racconta nulla – dice il presidente di Inu Puglia, Francesco Rotondo – ma chiunque se ne occupi comprende bene che significa triplicare l’attuale indice fondiario previsto dal DIM 1444/1968 per tutto il territorio nazionale (0,03 mc/mq)”. Per questo si chiede di cancellare una norma ritenuta “pericolosa per tutto il territorio pugliese, per il suo turismo di eccellenza, per le sue produzioni agricole di qualità, per il suo sviluppo realmente sostenibile”.

La modifica è stata giustificata con lo scopo di incentivare l’investimento su fondi agricoli per l’esercizio di attività connesse all’agricoltura e all’agroalimentare e snellire l’iter burocratico finalizzato al conseguimento dei permessi. E anche per provare ad armonizzare le difformità che ci sono a livello comunale, visto che ogni singolo Comune può decidere di applicare un indice di fabbricabilità che non superi la massima densità fondiaria stabilita a livello nazionale.

Per l’Inu, però, “è evidente l’assenza di analisi della situazione attuale dell’economia agricola in Puglia”. “Quello che risulta incomprensibile e inaccettabile – secondo gli urbanisti – è la volontà di consumare ulteriore suolo agricolo anche dove potrebbe non servire all’economia, violentando ulteriormente contesti la cui integrità e valenza produttiva appare come l’unico valore patrimoniale da difendere e trasferire alle future generazioni”.

 

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