LECCE – La famiglia di Elisabetta ne era convinta: Silvano Nestola, l’uomo che stava frequentando, rappresentava la rovina. Rovina per il matrimonio della figlia, a loro avviso recuperabile e prioritario su tutto; rovina per il figlioletto di Elisabetta “che piange senza lacrime perché gli stai togliendo il papà” le ripeteva la madre; in sostanza – scrive il Gip – rovina “per l’onore, il prestigio e la tranquillità della famiglia Aportone”.
Emerge tutto questo dai dettagli, le testimonianze e le intercettazioni raccolte dai carabinieri e confluite nell’ordinanza di applicazione della misura cautelare, firmata dal Gip Sergio Tosi, emessa nei confronti del padre di famiglia e presunto autore dell’assassinio, Michele Aportone.
Nestola per la famiglia Aportone era diventato – sin dall’inizio della relazione tra lui ed Elisabetta – una vera e propria ossessione, tanto che ben cinque volte la mamma di Elisabetta aveva raggiunto il carabiniere nei pressi di casa sua.
In quelle occasioni (come emerge dalle intercettazioni) gli urlava di lasciare stare la figlia, lo apostrofava come “sfascia famiglie”, ripeteva che sua figlia “non sta bene con la testa“, motivo per cui lo accusava di approfittarsi di questo stato.
E ancora: periodicamente, sempre la madre di Elisabetta, contattava una cara amica della figlia. Le chiedeva se fosse insieme a lei e premeva perché la convincesse a lasciar stare quella storia e tornare, invece, con il marito.
Un giorno Silvano – lo racconta un suo amico con il quale si era confidato – aveva persino notato che la donna li aveva seguiti e, durante un incontro tra i due a Porto Cesareo, si era nascosta per osservarli.
Un atteggiamento esasperante che ad un certo punto spinge Silvano a prendere le distanze dalla compagna. Elisabetta, al margine di una chat di fuoco con sua madre, arriva persino a minacciare il suicidio. “Addio… abbiate cura del bambino, io lo proteggerò da lassù” si legge in un messaggio che le inoltra il 16 aprile scorso, senza ricevere alcuna risposta.
Ad aizzare l’odio nutrito nei confronti dell’uomo dalla famiglia Aportone contribuisce poi la scelta di Elisabetta di evitare gli incontri tra il figlioletto e i nonni per un periodo. A quel punto Nestola viene anche idealizzato come la causa del compromesso rapporto con il nipotino.
Nell’ordinanza si fa riferimento, infine, ai contatti tra l’arrestato e ambienti criminali, risalenti agli anni ’90 ma ritenuti ancora attuali.Basti pensare che il collaboratore di Giustizia Gianfranco Presta, in una delle sue testimonianze, indicò proprio Aportone “come coinvolto in attività illecite con Salvatore Buccarella, storico elemento di vertice della Scu”.
“Collegamenti che – si legge in conclusione – gli consentono (ancora oggi) di procurarsi quanto necessario per portare a compimento le proprie attività illecite“, in riferimento all’arma clandestina, o comunque illecitamente detenuta, utilizzata per il delitto. Una “esperienza (quella di contatto con la criminalità) evidentemente tornata utile – sentenzia il giudice – nella commissione dell’omicidio”.
ERICA FIORE