MILANO- Il gasdotto Tap è pronto a raddoppiare. Lo conferma il managing director, Luca Schieppati: “Abbiamo fatto dei market test sulla possibilità di raddoppiare la capacità di gas fino a 20 miliardi di metri cubi. Tecnicamente non ci sono problemi, servono solo due compressori in Grecia e Albania ma i tubi restano gli stessi, e da parte del mercato c’è piena consapevolezza che Tap possa farlo”.
Durante l’estate, i soci del consorzio Trans Adriatic Pipeline, partecipato da BP, Socar e Snam (ciascuna col 20%), Fluxys (19%), Enagás (16%) e Axpo (5%), hanno iniziato a esplorare la possibilità. Attualmente, il progetto è tarato per trasportare 10 miliardi di metri cubi l’anno a partire dal 2020. Fin dal disegno originario, però, è stata prevista la possibilità di raddoppiare a 20 miliardi di metri cubi.
Dunque, la multinazionale ha avviato i “market test”, che si concluderanno a fine anno, proprio per testare la risposta dei potenziali acquirenti. A questa prima fase, stando a quanto si apprende, ne seguirà una seconda per la raccolta degli impegni vincolanti e dovrebbe andare avanti fino al secondo trimestre del 2020. Entro la fine del prossimo anno, poi, Tap dovrebbe iniziare a portare in Italia il primo gas azero, in base al suo cronoprogramma.
Il tutto mentre a Melendugno i lavori vanno avanti e non sono stati bloccati, nonostate la Valutazione di impatto ambientale sia stata dichiarata illegittima da un giudice durante l’ultima chiusura indagini relativa a inquinamento della falda e presunti abusi nell’espianto di ulivi, mentre è ancora in corso l’inchiesta madre su Seveso e autorizzazioni.
Tap tira dritto: “Sulla realizzazione dell’infrastruttura siamo tranquilli. Una notizia che forse è passata sotto profilo è che l’attuale governo ci ha appena rinnovato la Via (Valutazione di impatto ambientale) che sarebbe scaduta proprio ieri e noi possiamo continuare a realizzare l’opera”, ha sottolineato Schieppati durante l’energy summit organizzato da il Sole 24-Ore.
Una notizia che, ovviamente, sul territorio era già nota e che ha prodotto l’ennesima levata di scudi degli attivisti, che hanno incalzato gli inquirenti a valutare il blocco dei lavori.