Attualità

Terme, la storia infinita: al via la terza asta

BARI – Dopo 6 anni e due aste deserte non si sblocca lo stallo in cui sono finite le Terme di Santa Cesarea.

Il primo decreto legge che ne obbligava la dimissione delle quote risale al dicembre 2013. Quasi sei anni dopo nulla è cambiato. Il futuro delle Terme di Santa Cesarea resta sulla graticola e con esso la speranza di rilancio.

In questi sei anni l’obbligo per l’ente pubblico che ne è proprietario di dismettere il proprio pacchetto azionario perché non è considerato un bene strumentale è stato più volte ribadito, non solo dal governo centrale, ma anche dalla Corte dei Conti che ad ogni occasione ribadisce che quelle quote vanno dismesse.

Il problema è che il braccio di ferro tra Regione e Comune, va avanti e la storia sembra non avere fine.

La Regione continua a mettere in vendita il suo 50,49% di azioni ma le aste vanno deserte. Pochi giorni fa è stato pubblicato l’avviso per la terza Asta pubblica per la dismissione della partecipazione. Le precedenti due, come detto, sono finite in un nulla di fatto.

Il problema, va da sé, è che nessun imprenditore è interessato ad acquistare la metà delle azioni. Ecco perché non c’è nessuno che voglia investire oltre 15 milioni di euro per decidere a metà.

In tutto ciò il Comune non cambia idea: la dismissione delle quote non riguarda l’ente locale ma solo la Regione, intende diventare socio unico ma non ha i soldi per farlo subito.

Che fare, dunque? I tentativi di mediazione, attraverso ad esempio l’idea di far nascere un soggetto terzo, formato da Regione e Comune, che sia proprietario degli immobili – di enorme valore – e che dia la gestione di tutto ad un privato è stata scartata dal Comune stesso. Le aste non portano a nulla. E dall’impasse non si riesce ancora ad uscire. In tutto ciò le Terme, dall’enorme potenziale per Santa Cesarea e per tutto il territorio circostante e dall’enorme valore, vivacchiano tra bilanci che ad anni alterni pareggiano o perdono.

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