LECCE – Lui, pakistano di 36 anni, è stato denunciato dalle sue stesse vittime. Le indagini della Squadra Mobile della Questura leccese hanno preso avvio proprio da lì. Il giovane caporale è stato arrestato: dovrà rispondere di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, con l’aggravante di aver commesso i fatti con violenza e minacce.
Gli agenti sono intervenuti in prima mattinata giovedì presso una azienda agricola (in agro di Monteroni) al cui interno sono stati identificati 32 lavoratori, impiegati nella raccolta dei pomodori, perlopiù di nazionalità pakistana, alcuni peraltro irregolari sul territorio nazionale e successivamente accompagnati presso il locale ufficio immigrazione. I migranti, in pessime condizioni igieniche e fatti alloggiare su giacigli di fortuna all’interno dello stesso casolare, erano stati reclutati all’inizio della stagione da un loro connazionale, presente sul posto, identificato nel 36enne pakistano. Era il loro unico referente sui luoghi di lavoro. Era lui inoltre il responsabile del pagamento (da un minimo di un euro all’ora ad un massimo di 3) che avveniva saltuariamente con la promessa che il saldo della paga lo avrebbero ricevuto soltanto al termine della stagione di raccolta dei pomodori.
Le indagini hanno consentito di accertare che i braccianti venivano, costretti, con minacce e violenze fisiche e verbali, a lavorare per oltre 10 ore al giorno con una breve sosta solo per il pranzo, composto solo da legumi e pane. Il costo del pasto era detratto dalla paga. Nessun giorno di riposo, ferie o assenze per malattia.
Nel corso del controllo, condotto insieme al personale dell’ASL di Lecce, sono stati inoltre rinvenuti all’interno dell’azienda svariati prodotti chimici appartenenti alla categoria dei fitofarmaci. I lavoratori erano costretti a starc a contatto quotidianamente.
Per il 36enne, dunque, si sono aperte le porte del carcere leccese.
